Permessi di soggiorno attraverso kit postali non idonei, agli arresti titolare di un Caf a Cherasco
La Polizia di Stato della Questura di Cuneo nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dalla Procura di Asti, ha eseguito questa mattina un’ordinanza di applicazione della misura di arresti domiciliari a carico di una cittadina italiana, titolare di un Caf ubicato a Cherasco, per il reato di favoreggiamento della permanenza sul territorio nazionale di numerosi cittadini albanesi irregolari, al fine di trarre ingiusto profitto.
Le indagini erano state avviate da luglio dopo accertamenti svolti dall’Ufficio Immigrazione su numerose richieste di permessi di soggiorno avviate per motivi di lavoro e di ricongiungimento familiare, inoltrati da cittadini albanesi attraverso kit postali, al cui interno erano inseriti però documenti non idonei all’ottenimento dei permessi. In considerazione di quanto emerso il Questore di Cuneo aveva emesso decreti di rigetto delle richieste dei permessi di soggiorno a carico dei richiedenti, le cui pratiche risultavano tutte riconducibili al Caf di Cherasco, intestato alla cittadina italiana di anni 64, destinataria della misura coercitiva.
«Le indagini, svolte anche con supporti tecnici ed escussioni testimoniali degli stranieri coinvolti, – si legge nella nota trasmessa dalla Polizia di Stato – consentivano di acquisire gravi indizi di colpevolezza, a carico della titolare del Caf la quale, dietro compenso di denaro per somme tra 1.500 e 3.500 euro in contanti, nel solo periodo dell’indagine, aveva istruito e trasmesso 97 kit postali, dei quali 70 per la richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari e 27 per motivi di lavoro subordinato, in totale assenza dei requisiti basilari, previsti dalla legge».
Il Questore della provincia di Cuneo Grassi ha evidenziato l’importante sinergia tra l’Ufficio Immigrazione e la Squadra Mobile, che ha consentito di individuare modalità di favoreggiamento della permanenza clandestina sul territorio nazionale di numerosi cittadini stranieri, da parte di chi senza avere i requisiti professionali, gestiva una vera e propria agenzia di affari, lucrando, con ingiusto profitto, elevate somme di denaro ai danni degli stranieri che chiedevano assistenza.