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31 Dicembre 2024 - 11:30
Sindaco, a metà del mandato lei si sente “a metà del lavoro”? Oppure in anticipo, o in ritardo, rispetto alle “cose da fare”?
Avrei voluto essere “più avanti” su due questioni: il progetto di nuova sede dei Licei, connesso all’abbattimento delle ex scuole “Rolfi”, e il progetto di salvaguardia idrogeologica del Borgato. Sul resto, direi che siamo “sul pezzo”.
Come vanno gli equilibri in Giunta?
Molto bene.
Ma si dice che non siano sempre tutte rose e fiori…
Diciamo così: ho impostato il lavoro dicendo agli assessori che per essere in Giunta non era necessario “essere amici”… e invece, fortunatamente, ho trovato persone che sono diventate amiche anche fra di loro. E questo ha permesso di gestire i confronti, anche molto caldi e accesi. Ci si… manda a stendere? Sì, succede, non lo nego. Alcuni aspetti, anche caratteriali, consentono di raggiungere equilibri all’interno della varie componenti, sia all’interno della Giunta che all’interno della maggioranza.
Mai avuto voglia di un “rimpasto”?
No, né io ne le componenti delle maggioranza. In alcuni frangenti, ci ho pensato per alcune deleghe. Per esempio la mia delega alle frazioni.
Lei ha sempre detto che sarebbe stato un sindaco “presente”. Le sue parole chiave, sono: esserci, metterci la faccia, eccetera eccetera. Continuerà così anche nella seconda parte del mandato?
Sì, continuerò così. Quanto è una scelta, e quanto una sua attitudine?
È più attitudine che scelta. Mio padre, da sindaco di Montezemolo, tutti i giorni leggeva personalmente la posta in Comune. La mia impostazione poi è stata quella della “scuola” di Raffaele ed Enrico Costa e di Alberto Cirio, persone che ci hanno sempre messo la faccia. Io sono convinto che chi esercita questo ruolo debba farlo: è un dovere, altrimenti non si sta svolgendo appieno l’incarico.
Lei però fa presenziare e “mettere la faccia” anche ai suoi assessori, che magari hanno attitudini diverse. È stato difficile imporre questa linea?
Per loro è certamente più difficile, ma anche per questioni di tempo: io faccio l’amministratore a tempo pieno, mentre i miei assessori hanno tutti un altro lavoro. Comunque sì, sono io ad aver dato questa impostazione.
Come ha appena detto, lei lo fa di mestiere. Qualcuno glielo rinfaccia, addirittura. Si ricorderà che due anni e mezzo fa “L’Unione” scrisse che lei da sindaco “ci sguazza, come un pesce in un laghetto”…
Conservo ancora quella pagina.
Lei è consapevole che talvolta, anche a causa della sua preparazione, appare spocchioso? O addirittura arrogante? Oppure lo sa, ed addirittura è una cosa voluta?
No, non ero consapevole. E se così appare, me ne dispiaccio. Però è vero che io cerco sempre di essere preparato e di non essere superficiale. Come ho detto, io ho il tempo di farlo: quando devo affrontare un argomento, cerco di sviscerarlo fino in fondo. È capitato, in Consiglio comunale, che su alcuni temi io senta di aver esagerato nei miei interventi, che sia andato troppo “a fondo”. Non è una cosa voluta. E spiace se questo lavoro di preparazione mi ha fatto apparire arrogante.
Lei sembra sempre “impostato”, calcolato. Anche quando si comporta in modo, appunto, apparentemente spontaneo. Quanto si “imposta” nella sua comunicazione quotidiana?
Penso che questa impressione derivi da alcune cose. La prima, l’ho detta, faccio questo a tempo pieno. La seconda: conosco i miei limiti, per cui… non azzardo, e quando parlo lo faccio effettivamente su ciò che conosco. E terzo: io sento veramente come un dovere il fatto di essere preparato. Nella comunicazione, no, non sono impostato: ma ho un metodo, un marchio, che mi è stato insegnato da Raffaele Costa: comunica quello che fai, e quando dici le cose dì la verità.
È vero che tra i suoi obiettivi c’è quello di anticipare le polemiche per non lasciarle in mano agli avversari?
Questo lo dice lei. Privilegiando sempre il confronto, provo a condurlo, questo sì.
Chi la conosce, dice che lei ha una memoria eccezionale per nomi e volti. Ha studiato tecniche di memorizzazione?
No. Ho una buona memoria, è vero: lo ritengo uno dei pochi doni che ho. Ma ho l’abitudine di riconoscere i numeri di telefono senza salvare i nomi. Quando salvo il nome, poi mi scordo il numero: e la cosa mi infastidisce. E leggo molto, anche se purtroppo ho sempre meno tempo di leggere libri.
Secondo lei Mondovì ha beneficiato dal fatto di avere un sindaco che è anche presidente della Provincia? E in che cosa?
Io sono sempre, di fatto, in entrambi i ruoli. Direi che questo ha portato tre benefici: una “ribalta” mediatica, perché il nome di Mondovì è circolato molto; una rete di contatti, un network, che mi sono fatto e che poi ho usato per la città; e infine, Mondovì è diventata una città “apripista” per alcune questioni, come per esempio l’applicazione di norme, ordinanze, procedure: si guarda a ciò che facciamo a Mondovì come “la città che esprime il presidente della Provincia”. Quest’ultima, però, è un’arma a doppio taglio, di fatto ha una parte di responsabilità.
Entro la fine del mandato, pensa realisticamente di riuscire a “quadrare” la questione Licei e Scuole superiori, con l’acquisizione del “Michelotti”?
Sì. Sono certo che si riuscirà a impostare il percorso in maniera solida, ovvero evitando inutili difficoltà, e polemiche, a chi verrà dopo di noi.
La sua Amministrazione ha ereditato una serie di lavori e progetti. C’è qualcosa che oggi pensa che forse non andava fatto, o non andava fatto come era stato impostato?
Un progetto si è rivelato una sfida più grande di quella che ci si immaginava: la chiusura dell’ala mercatale. Anche perché tra prima e dopo il Covid sono cambiate tante cose, anche le abitudini delle persone.
E la Madonnina?
No, quello lo ritengo un percorso ben gestito, soprattutto dal punto di vista dei rapporti con la società che ha investito. E sottoscrivo quanto ha detto il presidente Tomatis in Consiglio comunale: il rione di Piazza, che in passato “reggeva” il traffico di auto di Ospedale e Tribunale, è in grado di reggere anche il traffico che genereranno le nuove residenze della Madonnina. Auspico che queste nuove residenze portino linfa a Piazza.
Ma lei si sente erede dell’Amministrazione di Paolo Adriano?
Lo sono e lo siamo, nei contenuti. Forse meno nei metodi.
Avete “portato a casa” il risultato della Cittadella, di questo va dato atto. Al di là dell’onere nel mantenerla, c’è un altro punto da affrontare: bisogna farne qualcosa. Al di là dell’accademia di circo e musica, che farne? E se questo non dovesse decollare, avete un “piano B”?
Non c’è un “piano B”. Ma c’è un progetto che si basa sul fatto che la Cittadella è dotata di edifici poliedrici, che possono ospitare tante cose.
Tipo?
Spazi di co-working, poli di formazione, luoghi destinati a eventi o da concedere a Istituzioni per occasioni di rappresentanza, spettacoli, erogazione di servizi. Io credo che quella sia una scintilla che è stata accesa e che possa alimentare tante cose.
Un tema su cui a Mondovì non si spegne mai il dibattito, è quello del commercio nel centro storico. Non riguarda solo Mondovì, certo. Oltre agli interventi… lei che idea si è fatto? Ci dica che cosa pensa su questo tema.
Io credo che le Amministrazioni che ci hanno preceduto negli ultimi 20 anni, direi dal sindaco Vaschetti in poi, abbiano messo in campo tutti, e dico tutti, gli strumenti possibili per aiutare e sostenere il commercio del centro storico. Ma la verità è che in questi anni è cambiato radicalmente il mondo del commercio: sono cambiate le abitudini dei consumatori e quelle dei negozianti. Il Comune di Modena ha emesso un bando per contrastare la desertificazione commerciale nel centro storico: i giornali locali di quella zona lo hanno definito un flop vista la poca partecipazione. E parliamo di una città con quasi 200 mila abitanti e che è sede di due scuole di altissima formazione. Il tema poi è connesso al turismo: ai turisti bisogna dare servizi ed esperienze. E su questo tema, il nostro obiettivo è quello di lavorare sulla standardizzazione dell’offerta. Ma la risposta vera l’ha detta lei: è un tema che si ripete ovunque.
Le azioni sul commercio che avete in programma?
Ne metteremo in campo tre. Primo: contattare i proprietari dei locali vuoti per chiedere qual è il problema e aiutarli a risolverlo. Secondo: sostenere i negozi con i fondi del Distretto del commercio. E terzo: un percorso di rilancio. Ma ricordiamoci che le manifestazioni non sono “il rilancio”: sono la vetrina con cui il commercio deve mettersi in mostra. Noi possiamo creare le occasioni per farlo, condividendole con le associazioni di categoria.
A lei è molto caro il tema della sanità e la “difesa dell’Ospedale” monregalese. Ogni suo intervento sul tema sembra sempre contenere più sfumature. Come vanno le cose? Che rapporti ci sono tra lei e il riconfermato direttore generale Asl CN1, Giuseppe Guerra?
Come ha detto lei, per me la difesa e il mantenimento dell’Ospedale del monregalese sono un punto fondamentale. Ci sono delle questioni su cui, pur comprendendo ritardi e difficoltà dell’Asl, io credo che il nostro territorio avrebbero dovuto avere maggiori informazioni e un trattamento diverso. Il nosocomio è stato una conquista per la città ottenuta dall’on. Raffaele Costa ed il suo impegno ci motiva nel dare battaglia per difenderlo da ogni tentativo di indebolirlo.
A che cosa si riferisce?
A tante cose. Per esempio, la realizzazione della Dialisi a Mondovì, per la quale ci sono Enti che hanno stanziato un milione e mezzo di euro: a che punto è? E i nuovi letti di Terapia intensiva, di cui si parla dal 2022? Non sono ancora attivi. E le Case di comunità? La mia non è polemica, semplicemente ricerca di risposte. Quando io intervengo per sottolineare i numeri del Punto nascite dell’Ospedale, lo faccio perché quel numero è fondamentale per il mantenimento di tantissimi servizi.
Nella programmazione dei prossimi anni lei ha annunciato: “più manutenzione, meno grandi opere”. Significa che alcuni progetti ora diventano dei “chissà se…”? Per esempio: la costruzione del nuovo teatro all’Altipiano?
Non così direttamente, per carità. Sul teatro siamo alla ricerca dei fondi ma, citando il Trap, “cerco di non dire mai gatto se non ce l’ho nel sacco”.
Torniamo al suo ruolo politico. Lei ha condotto “partite politiche”, o “battaglie come le chiamano alcuni”, come le elezioni provinciali, le designazioni per le fondazioni bancarie, la presidenza GAL, infine il suo ruolo nelle elezioni regionali. Quanto convergono gli obiettivi politici, di area o personali, con quelli della città?
La fortuna aiuta sempre… Vale un po’ quanto le ho detto prima: è una questione di responsabilità. Alcune partite le ho giocate in prima linea perché i ruoli che rivesto mi consentono di farlo, ad altre ho contribuito dalla panchina e in altre ancora non ho toccato palla. Ogni volta che sono stato interpellato ho cercato di portare risultati a Mondovì ed alla Provincia.
In questo, lei è un accentratore? Quanto tiene e quanto delega?
Delego. Ma voglio feedback.
Come ha detto prima: lei lo sta facendo “di mestiere”. Ma lei non ha mai il timore di stare personalizzando un po’ troppo il suo ruolo? E che questo sarà un problema per chi verrà dopo? In altre parole: non sta “robaldizzando” un po’ troppo la sua carica?
No, questo non lo credo. Qualche suo collega, di testate extracittadine, mi dice che lo sto facendo più come presidente della Provincia, perché quell’incarico è monocratico. Ma come sindaco, no. Ho detto che ci dedico tempo. Ma chi verrà dopo di me lavorerà come ritiene, cambiando metodo e facendo come vuole.
Qual è l’area politica a cui lei si sente affine? O il partito?
Liberali moderati che avevano casa nel Centrodestra. Non è detto che in questo momento ci sia una rappresentanza in Parlamento… ma il partito “cesellato su misura” non esiste mai, a meno che uno non se lo faccia da sé. Mi ritengo un liberale “nella diaspora dei liberali” e mi riconosco in alcune istanze che stanno sia a destra che a sinistra.
Lei che farà nel 2027? Ha deciso se si ricandiderà? E se no: che succederà alla coalizione?
Sul futuro, abbiamo appena iniziato a parlarne all’interno della coalizione. Io credo molto nel valore della squadra, lo stesso sistema elettorale comunale consente di crederci. Se la squadra dirà che vede in me la persona che può farlo, prima di decidere farò alcune valutazioni anche di tipo personale: se ne ho avrò la forza, anche in senso fisico, se sussisteranno le condizioni e sulle scelte di vita
Non ha risposto alla seconda parte della domanda…
Sosterrò chi viene candidato dal “Patto civico”.
Quindi il “Patto civico” continua?
Sicuramente. Anzi, la ritengo un’esperienza che può continuare anche in altri livelli.
E in ogni caso, che cosa vuole fare da grande?
Continuare a dare il mio contributo, indipendentemente dai ruoli. Mi piace occuparmi di politica e amministrazione.
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