In Consiglio comunale a Mondovì si parla di bullismo e disagio giovanile

Mercoledì 12 marzo, il Consiglio comunale di Mondovì si è aperto con una discussione sul tema del bullismo e sul disagio giovanile, dopo i fatti di cronaca di cui si è a lungo discusso. In aula, quasi una trentina di persone come pubblico (soprattutto dal mondo scolastico), interessate al tema.
In apertura, il presidente Elio Tomatis: “In passato, l’educazione genitoriale nelle famiglie era rigida: a volte bastava uno sguardo, a volte il tono di voce, a volte… le mani. Si imponeva la disciplina: accettare ciò che gli adulti dicevano, non contestarlo. Anche se nella propria testa, già allora un adolescente magari pensava il contrario. Erano metodi restrittivi funzionali a quel mondo ristretto dell’epoca. Poi c’è stato un cambio, con i movimenti giovanili del ‘68. Cambiarono le prospettive, i rapporti interni alle famiglie, i modi di vestire. Il modo di mostrare gli affetti anche tra ragazzi e ragazze: prima era quasi impensabile vedere un bacio in pubblico. E i giovani iniziarono a parlare di grandi temi, come la pace. Col crescere del benessere economico è però cresciuto anche il lassismo, che ha sostituito l'autorevolezza: nelle famiglie, a scuola, nella società, ovunque. Il "no a tutto" a cui si era abituati è diventato un "sì a tutto o quasi". Ed è questa la realtà in cui crescono i giovani di oggi. Ci si omologa nel modo di vestire, si dà del “tu” anche agli adulti. Giovani che fanno sei-sette attività oltre alla scuola. Se un ragazzo non passa l’esame, anziché dirgli “studia di più”, si fa ricorso. E nelle famiglie, in cui due genitori lavorano, lavorano tutti e due i genitori: significa meno tempo per seguire i figli, delegandoli ai nonni. In questo scenario sono arrivati i cellulari: che danno soluzioni comode… ma non insegnano a pensare con la propria testa. Il risultato è che manca la percezione della gravità degli atti di cui stiamo parlando. I giovani sono vittime di questo scenario: vedono solo il presente, per loro il futuro è un buco nero. Forse è necessario recuperare autorevolezza. Non sovraccaricare i giovani di aspettative, ma anche dando diversi modelli di adulti, recuperando ciò che non si fa più. Io credo serva insistere affinché il Tavolo delle Politiche giovanile agisca e monitori cosa viene davvero fatto. E poi si convochi un Consiglio comunale ad hoc per parlare di questo”.
Il sindaco, Luca Robaldo: “Non so se il Comune ha tutte le competenze per risolvere questo problema, e per affrontare quello che osserviamo anche nella nostra città, dove comunque questo problema impatta molto meno di altre realtà. Qui, e non lo dico per piaggeria, le Scuole fanno tantissimo su questi temi. Non crediamo che la sanzione sia l’unica soluzione, anzi: la ritengo “l’estrema ratio”. Alcuni fenomeni però stanno iniziando a toccarci. Dobbiamo riappropriarci degli spazi pubblici e di una socialità che di recente ci è stata tolta: se ci riappropriassimo di quegli spazi, si mette naturalmente ai margini chi li occupa con cattive intenzioni. Se i parchi pubblici tornassero a essere frequentati dalle famiglie, forse chi oggi li frequenta con cattive intenzioni non ci andrebbe più. Ci è stato spiegato che oggi molti genitori chiedono aiuto alla scuola, agli allenatori, agli educatori dicendo: aiutateci coi nostri figli, non riusciamo a crescerli come li vorremmo. Credo che una riflessione generale, come quella avviata questa sera, vada fatta: per aiutarci a trovare qualche strumento. Le scuole ci hanno detto che a loro viene chiesto di “far da psicologi” o “accompagnare i giovani nella società”: non è il loro ruolo, non ne hanno forse neppure la formazione. Dobbiamo avviare dei progetti. E lo spregio delle autorità è un problema reale: e non lo vedo neppure relegato solo alle nuove generazioni… forse anche su questo bisognerebbe richiamare il ruolo dei genitori. Abbiamo avviato un dialogo con alcuni esponenti delle comunità religiose cittadine, che ci hanno chiesto di coinvolgerli: lo faremo.
Abbiamo introdotto elementi per mantenere la sicurezza in città, e per farla percepire. Penso che Mondovì sia… la città più sorvegliata dopo quella di Orwell in “1984”. Abbiamo introdotto i DASPO urbano: ne sono scattati 5 dal 1 gennaio a oggi. Abbiamo anche introdotto alcuni divieti sul consumo di alcolici sulla pubblica via. C’è da lavorare tanto, in progetti di sicurezza e inclusione, lavorando con famiglie, scuole, società sportive. Da riappropriarsi degli spazi. Siamo una comunità matura: facciamo funzionare questa città tutti assieme”.
Francesca Botto, assessora alle Politiche sociali: “Nella riunione del Tavolo per le Politiche giovanili, l’Asl ha ribadito un punto interessante: se la minaccia della “troppa autorità” oggi non funziona più, non funziona neppure il contrario. L’essere troppo disponibili, il dire sempre sì, non educa. Le scuole ci hanno detto che alcuni docenti si trovano costretti a mettere da parte l’insegnamento per… “fare gli psicologi”. Non può essere questo il loro ruolo. Il Tavolo è stato un punto di partenza: da qui prenderà avvio un lavoro trasversale, che coinvolgerà gli assessorati alle Politiche sociali, all’Istruzione e alle Politiche giovanili. Sono favorevole all’allargamento a coinvolgere anche le rappresentanze dei genitori”.
Francesca Bertazzoli, assessora all’Istruzione: “Ringrazio il mondo delle Scuole per i progetti che svolgono sul territorio sulla prevenzione e sul contrasto al bullismo e cyberbullismo. Un recente studio dell’ONU diceva che è dimostrato un calo del benessere tra i giovani: fattori economici, instabilità, pressione per conformarsi a certi standard, pressioni indotte dall’uso dei social. Serve promuovere l’accesso ai servizi di supporto psicologico e mentale, creare nuove opportunità, parlare di questioni come i disturbi alimentari - come farà la Consulta femminile in un convegno il 15 marzo, LEGGI QUI -. Sono tante sfaccettature in cui il bullismo cresce”.
Alessandro Terreno, assessore alle Politiche giovanili: “Spesso si dice che i giovani sono disinteressati e distanti dalle questioni cittadine. Non sono affatto tutti così. Hanno bisogno di avere responsabilità, non giustificazioni. Ma hanno voglia di tornare a sognare. Il “Circolo delle idee” è attivo. Apriremo uno “Spazio giovani” in via Delle Scuole a Piazza. Stiamo avviando il progetto Feel Good per lo sport. Abbiamo portato in città eventi musicali con costi di biglietti alla portata di tutti. Stiamo cercando di combattere il disagio giovanile, perché i dati sono drammatici: 1 giovane su 6 soffre di ansia e depressione. Ognuno di noi deve coinvolgere i giovani: una comunità cresce davvero quando nessuno resta indietro e crede nei suoi giovani”.
Rocco Pulitanò, consigliere di minoranza di Centrodestra (FDI): “Violenza e bullismo sono fenomeni conosciuti da tempo. Avevamo presentato un’interrogazione tempo fa, chiedendo di aumentare la videosorveglianza. Sono capitati altri episodi, ma la sorveglianza è aumentata e siamo soddisfatti. Siamo venuti a conoscenza che anche in una scuola Primaria si è verificato un caso di un bambino colpito da un pugno violento. Perché non istituire anche un pool di esperti che seguano questo fenomeno, e faccia da collante col Comune? Come padre e come nonno mi auguro un futuro migliore con l’impegno di tutti”.
Davide Oreglia, consigliere di minoranza di Centrosinistra: “Una giovane che viene da una città molto più grande mi ha confermato che Mondovì è un città è una cittadina viva e sicura. Certo, ci sono stati episodi: ma viviamo in una zona sicura. Nei primi anni ‘90 il Comune diede via al Centro Ragazzi a Breo, mandato avanti da volontari. Da qui sono seguite tante iniziative, fino al progetto “Connessi” e il Tavolo delle Politiche giovanili di cui parliamo oggi. I destinatari devono essere tutti i giovani. Quelli ai margini e quelli che invece seguono una buona strada. Non può essere una guerra “adulti contro giovani”: serve qualcosa che unifichi la società, non un “centro sociale” ma qualcosa che sostenga l’agio. E serve continuità: altrimenti a ogni occasione si deve ricominciare da capo”. Poi cita un testo proprio di Rose Villain (che si esibirà a Mondovì a luglio), “Trasparente”: un testo che manifesta il disagio, la voglia di gridare aiuto.
Marco Bellocchio, consigliere di maggioranza (il più giovane che siede in Consiglio: ha 25 anni): “Non bisogna generalizzare. Né incolpare una sola categoria: non c’è mai un solo colpevole. La prevenzione è la risposta giusta, dunque forse non la stiamo facendo nel modo corretto. Non è “prevenzione” deresponsabilizzare i ragazzi, né togliere gli ostacoli, né la sfrenata competizione, l’abbandono, il giudizio precostituito. Dovremmo parlare di cultura dell’errore, di educazione ai conflitti, rete di protezione sociale. Pregiudizi, demagogia, drammatizzazione degli errori: non è il modo giusto di affrontare le cose. Ai giovani va permesso di sbagliare. Non bisogna togliere l’errore di dosso: lasciate che sbagliamo. Si insegni ai ragazzi a gestire i divieti e i “no”, da quelli detti dalla ragazza o dal ragazzo che ci piace, a quelli detti dagli adulti. Ma lo ripeto: lasciateci sbagliare”.
Laura Gasco, consigliera di minoranza di Centrosinistra (PD): “Oggi c’è molta diffidenza sociale: e su questo si fa leva per ottenere consenso e ledere i diritti individuali. Secondo noi non serve invocare punizioni e ricorrere a soluzioni repressive. Soddisfa gli istinti, ma non risolve. La nostra proposta è di attivare un Centro giovani permanente. Curare le relazioni, in un mondo che bada solo alle prestazioni, deve tornare a essere un compito primario per noi adulti. Diamo un’occasione di aggregazione, anche ludica, che contrasti il disagio e l’abbandono scolastico: il Centro giovanile sarebbe uno spazio in cui mettere in campo iniziative di questo tipo”.
Enrico Rosso, consigliere di minoranza di Centrodestra: “Davanti all’indifferenza con cui sono stati compiuti questi gesti, sembra manchi qualsiasi rispetto. C’è stato un episodio di una violenza brutale, che poteva finire davvero male… e non so quanto gli aggressori se ne siano resi conto. Bisogna far capire ai giovani che gesti come questo hanno una conseguenza. Non abbiamo ricette o “bacchette magiche”, ma si può fornire un supporto alle Scuole, coinvolgendo dirigenti o insegnanti”.
Davide Blengini, consigliere di maggioranza: “Certamente è un tema complesso. Abbiamo il compito di fornire a chi è “in prima linea”, come Scuole, Asl, Servizi sociali e associazioni sportive, gli strumenti necessari a sopperire alle carenze educative delle famiglie. Mi fa piacere che il Consiglio comunale l’abbia presa a cuore”.
Erika Chiecchio, consigliera di maggioranza: “Vedo realtà, in questo settore, crescere e lavorare molto bene. Di fronte a una singola aggressione, quanti ragazzi invece non reagiscono in quel modo? Diamo loro la forza e il coraggio di uscire e dire che non è una vergogna rispettare gli altri, la città, l’ambiente. Di dire che raccogliere una cartaccia per terra è un gesto più intelligente di quello compiuto da chi l’ha gettata. Mondovì ha esperienze positive che vanno portate alla luce e che, citando il fumettista Zerocalcare, germogliano nel cemento”.
Guido Bessone, consigliere di maggioranza: “Ci sono stati alcuni episodi, è vero, ma credo che a Mondovì non ci sia una reale emergenza bullismo. Scaramucce sono sempre successe. Oggi però nei giovani c’è una fragilità sempre più accentuata, perché nelle famiglie si è perso il riferimento dell’autorità genitoriale. Questo problema non può essere demandato alle Forze dell’ordine, alla Scuola, al Comune. Bisogna che le famiglie si facciano un… esame di coscienza. Non serve certamente un’autorità dispotica, ma bisogna un’educazione. E tutti dobbiamo alzare l'attenzione”.
Cecilia Rizzola, consigliera di maggioranza: “I comportamenti genitoriali “di una volta”, oggi, non funzionano più. Ma è evidente, e lo dico da genitore, che l’autorità manca. Agli insegnanti chiedo di essere coraggiosi e “tenere la barra dritta”, a noi genitori compete lasciarvi fare il vostro lavoro”.
Intervento della professoressa Monica Abbona, docente del Liceo di Mondovì “Vasco-Beccaria-Govone” e referente del “Progetto Rondine” (sezione del Liceo, la prima in Piemonte, che ha intrapreso un percorso per la gestione del conflitto): “Il conflitto non porta necessariamente alla guerra. Dobbiamo educarci a gestirlo: parlarne, saperlo descrivere. Saper dire: “io non sto bene”, apertamente, sul lavoro, nei contesti. Può generare contrasto, ma non è detto. Può anche liberare energie nuove e positive. Il “Progetto Rondine” nasce per condividere, stare insieme, tutti: anche chi viene da contesti diversi e magari… in guerra fra di loro. Il metodo “Rondine” può aiutare a rinsaldare”.