Lorenzo Barucco si laurea con una tesi sulla storia degli altari della Cattedrale di Mondovì

La Cattedrale di Mondovì e i suoi altari: al centro della corposa tesi di laurea magistrale del briagliese Lorenzo Barucco c’è l’analisi di questi manufatti, che normalmente venivano realizzati e commissionati dalle grandi famiglie della città. Erano fulcri di potere, quindi, oltre che di devozione. Barucco si è laureato in questi giorni col massimo dei voti in Storia dell’arte, presso l’Università di Torino, con “Gli altari della Cattedrale di Mondovì: devozioni, cantieri, committenze (1573-1782)”, con relatore il professor Giuseppe Dardanello (a lui vanno anche le congratulazioni del gruppo “Coesione per Briaglia”). La ricerca ripercorre la storia della Cattedrale monregalese, o, per meglio dire, delle Cattedrali che si sono avvicendate nei secoli: sono state quattro le costruzioni che si sono avvicendate. Ricordiamo che, alla prima pieve di San Donato, successe una grande Cattedrale rinascimentale, poi soppressa dai Savoia per costruire la Cittadella fortificata. La chiesa vescovile fu quindi spostata nella collocazione attuale, al posto della chiesa di San Francesco, poi a sua volta distrutta e ricostruita dall’architetto Francesco Gallo in seguito alle Guerre del Sale. Oltre all’analisi del patrimonio artistico custodito dalla chiesa nel corso della sua storia, dalla ricerca di Barucco emerge, attraverso lo strumento dell’altare, una lettura anche storico-politica di Mondovì e delle sue famiglie più potenti. «Le dinastie familiari o le corporazioni normalmente commissionavano un altare all’interno della Cattedrale – spiega Barucco – ma oltre a un segno di devozione era anche una questione di status, che passava attraverso le committenze artistiche. Non stiamo parlando solo di fastosità o ricchezza: scegliere un artista piuttosto che un altro poteva avere un significato anche politico. Si potevano, ad esempio, scegliere sculture o dipinti realizzati secondo il gusto apprezzato dalla Corte dei Savoia, oppure magari fare riferimento ad artisti di altre aree. Questo elemento viene un po’ meno negli anni in cui si attiva il cantiere del Santuario di Vico che “monopolizza” sostanzialmente gli artisti presenti sul territorio. Anche la scelta di un santo piuttosto che un altro, però, poteva avere questa chiave di lettura. Il tutto è molto interessante in un contesto cittadino come quello di Mondovì che, negli anni che ho preso in esame, evidenzia una certa vivacità politica e voglia di autonomia, che i Savoia cercheranno con successo di reprimere».