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domenica 20 Aprile 2025     Accedi

“Nessuno ci ferma”, il pm chiede due condanne per la “baby gang” dei treni Mondovì-Ceva

Accuse di minacce per due cugini ventenni di Lesegno, il più giovane si difende: «Non sono stato io, ero ai domiciliari»

a. c.

Due condanne, senza attenuanti, per dire no alla filosofia dell’ "a noi nessuno ci ferma". Il pubblico ministero Alessandro Borgotallo chiede al giudice di condannare due cugini di Lesegno, S.R. (classe 2003) e F.R. (classe 2004), accusati dei reati di minaccia e interruzione di pubblico servizio. È una vicenda che risale al 2022, il periodo in cui i due ventenni erano considerati il terrore dei ferrovieri in servizio sulla linea tra Mondovì e Ceva. Facevano parte di una sorta di  “baby gang” di giovanissimi, italiani e nordafricani, minorenni o appena maggiorenni, che avrebbero continuato a imperversare fino a essere raggiunti dal Daspo un anno dopo, con il divieto di recarsi in stazione.

S.R. è accusato anche di essere l’autore delle "famose" scritte comparse nell’atrio della stazione di Mondovì: «Lo sbirro ti arresta, il pm ti accusa, il giudice conferma ma a noi nessuno ci ferma». Il pm parte proprio da quell’episodio nella sua appassionata requisitoria, al termine della quale è giunta una richiesta di condanna a due anni e sette mesi per il 22enne e a due anni e sei mesi per il cugino minore. Contro i due pesa la denuncia di una giovane capotreno, "colpevole" di aver presentato querela contro un altro membro del branco pochi mesi prima. Da allora, testimoniano i suoi colleghi, il gruppo aveva cercato in più occasioni di rintracciare la dipendente di Trenitalia: «Volevano vendicarsi», conferma una capostazione. A un macchinista avrebbero addirittura mostrato la foto del profilo Facebook della donna, chiedendo informazioni su di lei e aggiungendo: «Stai attento, se non ci fai salire stasera vi aspettiamo qua».

Episodi per cui entrambi i ragazzi si dicono innocenti. Solo S.R. ha sentito, comunque, il bisogno di scusarsi: «Purtroppo ho capito tardi che davamo fastidio, ne sto pagando le conseguenze non solo per le mie azioni specifiche ma per quelle derivate da altri». Il coimputato F.R., sentito stamani in udienza, ha citato a discolpa un fatto finora mai emerso: «A quei tempi io ero ai domiciliari», ha detto, riferendosi a una vicenda di spaccio per la quale è stato condannato (l’appello è in corso).

Per il pubblico ministero questo non prova nulla, anzi: «Quella linea non è il Far West, le teste calde le conoscono gli operatori come le conoscono i pendolari. Perfino il macchinista li conosceva e ci dice che erano persone note per creare disordini». I riconoscimenti, molteplici in fase di indagini e poi in aula, non lasciano spazio a dubbi per la pubblica accusa, come per i legali delle parti civili: in giudizio si sono costituiti due dipendenti di Trenitalia e la stessa azienda. «A Mondovì si parlava chiaramente di una baby gang che operava in quel tratto di ferrovia», ricorda il pm Borgotallo: «L’atteggiamento era quello: giocare a pallone sulle pensiline, svuotare gli estintori a Ceva, le famose scritte alla stazione di Mondovì».

Quell’«a noi nessuno ci ferma» per il magistrato è la spia di qualcosa di grave, testimoniato dal tentativo di «farla pagare» alla capotreno: «Quel fatto era una spedizione punitiva: c’è la logica del branco, siamo forti perché siamo un gruppo». I ferrovieri, aggiunge, «erano in quella fase, terribile per chi l’ha vissuta, in cui avevano denunciato mettendoci la faccia, con nomi, cognomi e indirizzi, ma non c’erano ancora stati i provvedimenti cautelari». A riprova si cita la testimonianza di una capostazione, che ha parlato dei timori vissuti in quei mesi perfino nel rientrare a casa: «Abbiamo – ha concluso il pm – due universi che vengono a contatto: da una parte i lavoratori, persone che erano lì solo per fare il loro dovere, dall’altra quelli dell’“a noi nessuno ci ferma”, che non sappiamo come sbarcassero il lunario». Oltre alla richiesta di pena, c’è l’invito a trasmettere gli atti alla Procura per valutare l’ulteriore ipotesi di evasione a carico di F.R., alla luce delle sue dichiarazioni. Il giudice si esprimerà anche su questo: il verdetto è previsto per il 28 aprile.


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