Mamoud, ucciso a Torino a 19 anni: «Cercava un lavoro e desiderava socializzare»

Mamoud Diane era arrivato in Italia per un futuro migliore. È stato ucciso a coltellate in Barriera di Milano, uno dei quartieri più difficili di Torino, dove la notte i pusher si organizzano e si dispiegano a distanza regolare lungo le vie. Il business dello spaccio a cielo aperto. Per chi ci abita non è una purtroppo novità. Anche le aggressioni e le liti sembrano all’ordine del giorno. Quanto avvenuto, però, poco prima della notte tra venerdì e sabato, vuole segnare un limite. E un punto di non ritorno.
La storia di Mamoud, nato in Costa d'Avorio, si intreccia da vicino con il nostro territorio. Aveva lasciato il suo paese tre anni fa, atterrando all'aeroporto di Levaldigi per raggiungere alcuni famigliari. In patria, fin da giovanissimo, ha lavorato in un officina meccanica. Il papà vive a Torre Mondovì, in frazione Roatta, non distante dall’azienda dove è dipendente a Niella Tanaro. Aveva chiesto il ricongiungimento familiare per Mamoud e il fratello. Mamoud all'inizio abita a Chiusa Pesio e Peveragno. Qui aveva lavorato per una cooperativa agricola.
«Lo conoscevo bene», ricorda Giulia Marro, consigliera regionale di Cuneo. «Si era rivolto a me, come fanno tanti stranieri, in corso Giolitti a Cuneo, nella primavera di un anno fa, per chiedermi come potesse migliorare l’italiano. Abbiamo parlato in francese, la sua lingua madre. Era in Italia da circa un anno e mi aveva anche esplicitamente chiesto di aiutarlo a trovare un lavoro e qualsiasi attività che potesse permettergli di incontrare altre persone. Mi aveva mandato un curriculum e avevamo provato a fare il possibile. Era un ragazzo che desiderava soprattutto socializzare, conoscere le persone e capire meglio il contesto in cui era arrivato».
«Poi l’ho perso di vista per un po’ di tempo, fino a quando l’ho rincontrato qualche mese fa, sempre in corso Giolitti. Non so cosa sia successo nella sua vita, che tipo di amicizie abbia trovato. Non so com’è andata. Voglio solo ricordare Mamoud Diane, perché a Cuneo lo conoscevano. Voglio sottolineare la violenza che sta colpendo sempre più i giovani. Nell’ultima settimana sono morte tre persone sotto i trent’anni. Non c’è solo la parte repressiva, ma bisogna capire cosa non sta funzionando, per proporre soluzioni di aiuto non solo per i giovani, ma anche per le famiglie che si preoccupano per loro. Se Mamoud fosse ancora vivo, cercherei ancora di aiutarlo. Ma non può tutto dipendere dalla buona volontà del singolo. Serve l’impegno di tutti, per costruire una società più unita e più coesa». Mercoledì, davanti al luogo dove è stato ucciso, si è tenuta una veglia silenziosa. C’erano il padre e il fratello, raccolti nel dolore. I funerali si svolgeranno presumibilmente a Torre Mondovì, dove oggi vive il papà.