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The Place, come soggetto e attori possono non fare un bel film

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Il titolo racchiude forse un po’ tutto il pensiero che può sottendere il giudizio in merito al fifi lm di Paolo Genovese che, dopo una serie di successi al botteghino (Immaturi) e qualche riconoscimento (David di Donatello per Perfetti Sconosciuti), incassa una sufficienza tirata per i capelli con l’ultimo The Place. Il film parte molto bene, in virtù della scrittura di un soggetto interessante - un signore dentro ad un bar raccoglie ed esaudisce richieste su di un libro, prende nota e sottopone i suoi avventori a “prove” più o meno lecite, minandone l’integrità morale – e grazie al supporto di attori di indubbio talento (Valerio Mastandrea e Marco Giallini su tutti), in vesti insolite rispetto ai loro canoni.

Il film si regge per buona parte sulle smorfie di Mastandrea, le perplessità che si manifestano lungo il suo viso segnato oramai dalle rughe, ammiccamenti, sorrisi e sguardi capaci di destabilizzare anche uno sguardo incorruttibile come

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