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25 Giugno 2017 - 10:29
Oltre alla street art, nel corso degli anni 2000 gli interventi di Banksy sono andati a decostruire anche i musei (aggiungendo opere spurie, di sua creazione), gli zoo, Disneyland. Il documentario sul suo lavoro ha ottenuto nel 2010 una nomination all’Oscar, e negli anni ’10 i suoi interventi hanno sviluppato una dimensione mondiale, con interventi nei punti caldi della storia globale: nella New Orleans dell’uragano Katrina e nella striscia di Gaza al centro del conflitto arabo-israeliano e non solo. L’anti-Disneyland di Dismaland da lui progettata nel 2015 è stato forse l’apice, finora, di una produzione sempre più grandiosa e influente, al punto di aver lambito perfino la scena monregalese (dove citazioni di Banksy appaiono in graffiti legali e illegali).
Ora, un nuovo capitolo in questa saga, un passaggio quasi obbligato prima o poi: la presunta scoperta della sua reale identità, salvo smentite o correzioni.
Quanto ci può interessare che Robert Del Naja sia Banksy, davvero interessa a qualcuno? Ci si può porre la domanda più volte, con diverse prospettive e sotto diverse letture; si possono anche, come in una moltiplicazione, invertire l'ordine dei fattori. Non cambierebbe la risposta, che resta e continua ad essere la stessa e, come talvolta succede, nasce sottoforma di domanda: perchè ci dovrebbe interessare?
Diamo per scontato che siamo in un mondo dove la comunicazione, il modo con cui ci si pone nei confronti della società e come la si affronta, per una persona normale (e immaginiamoci il livello esponenziale che può rappresentare per un artista) rappresenta - ahi noi - un'importante lente di ingrandimento con cui si venga (pre)giudicati. Questa serie di elementi, nel caso di un individuo che decide di essere un artista "a volto coperto", che affronta temi politici e crede nel ruolo "politico" di un artista, diventano un elemento che ancora di più fa scattare l'acceleratore dell'interesse.
Così come non ci si può soffermare esclusivamente su questo terreno di considerazioni, per una duplice ragione. Primo, perchè si accetta e si giustifica il gusto per la chiacchiera e una certa forma di bulimia mediatica che non porta a niente, se non a rendere la "verità" (in questo caso artistica) svilita della propria potenza. Secondo (e torniamo alla risposta iniziale) difficilmente sposterà il giudizio o l'idea e la conseguente impressione (di apprezzamento o di disapprovazione) nei confronti della persona interessata. Non si può negare che alla lettura della notizia si possa rimanere sorpresi e finanche compiaciuti ("c'era da aspettarselo", o, ancor meglio "C'avrei giurato!"), ma dal punto di vista dell'interesse che una persona può nutrire per il personaggio Banksy, o per l'arte e ciò che lui rappresenta all'interno di questo settore, o, al contrario, in quello musicale per quanto fatto da Del Naja con i Massive Attack, poco cambia, poco si sposta.
La musica dei Massive Attack (e, aggiungiamo, almeno i Portishead), rappresentano una delle poche autentiche evoluzioni innovative in ambito musicale nate (e non ancora soppiantate da novità) negli ultimi anni: per la capacità di partire da un genere come il rap, fortemente politico ma non certo "glam" come lo è oggi, farlo evolvere prendere spunto dalla tradizione giamaicana ska e rocksteady, aggiungergli qualche pizzico di rock qua e là, i campionamenti "live" con un giradischi ed i primi accenni dell'elettronica; pochi generi come il trip-hop hanno portato una vena di interesse e contenuti, con annesso allargamento dello stesso al mondo musicale. Ora per Banksy si può dire la stessa cosa.
Banksy, Del Naja sono entrambi vissuti/cresciuti nella Bristol degli anni '90, entrambi si chiamano Robert, come svelato qualche giorno fa da Goldie, dj che aprì la scena della jungle e con cui i Massive Attack collaborarono molto (alla produzione, insieme a Tricky, del secondo album, Protection). Un "chissenefrega", lo si può dire? Quello che conta, al meno nel dare un giudizio artistico, alla fine è cosa l'artista fa, come si esprime e quali sono gli strumenti che adopera per farlo.
Vero. Però...
Però c’è una parte di noi che non smette di pensare che per quanto possa non interessare conoscere la sua vera identità, allo stesso tempo interessa anche non conoscerla. Per quanto si possa fare di tutto per disinteressarci della persona e pensare al suo messaggio, è pur vero che il fascino di non sapere chi sia Banksy alimenta quell'alone di mistero che contribuisce a distaccarlo dal mondo reale e rendere più forte e ‘pura’ la sua arte. Svelato il nome, non interessa tanto chi sia costui, quanto il fatto che il gioco del mistero si sia dissolto: concentrarsi solo sull'arte adesso sarà un pochino più difficile, soprattutto se cominceranno a piovere interviste, retrospettive e quant'altro su Del Naja. I suoi difetti, vizi, virtù, parole, contraddizioni diventeranno i difetti, vizi, virtù, parole, contraddizioni di Banksy, che da personaggio dotato di vita propria diventerà la maschera di qualcun altro. È il motivo per cui i supereroi hanno bisogno di celare la propria identità, dopotutto: ci sono misteri che non dovrebbero esser mai svelati.
Alla fine quanto poco importerà se le due persone saranno sovrapponibili o meno? probabilmente quando si vedranno meno in giro comparizioni di Banksy, sarà una bella notizia per gli appassionati di musica che potranno aspettarsi da un momento all'altro un nuovo rivoluzionario disco dei Massive Attack, e/o, ovviamente, viceversa.
Sempre che Del Naja sia davvero Banksy.
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