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Il mistero della fede secondo Aronofsky: Madre!

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ATTENZIONE QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER

TRAMA

Una coppia senza figli vive in un’abitazione isolata nella foresta, Lei molto più giovane del marito si occupa di risistemare la casa, recuperata dopo un incendio che ha coinvolto il congiunto, Lui è un poeta vittima del blocco dello scrittore. La routine della loro vita viene sconvolta dal graduale irrompere di sconosciuti nell’abitazione e dai tragici avvenimenti ad essi collegati.

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Aronofski approda a questo film dopo il successo di critica de” Il Cigno nero” e del colossal biblico “Noah”, vedremo come entrambi saranno influenti per questo lavoro; un ritorno alla spiritualità e alla psicologia di “The fountain – L’albero della vita”, dopo la parentesi di “The Wrestler” e dello stesso Cigno nero,  in cui la fisicità, vista nei suoi antipodi di lottatore e danzatrice, erano perno fondamentale della vicenda. Due chiavi di lettura per una spiegazione sola: la trama sembra infatti seguire un percorso ben definito, mentre in realtà sta percorrendo un altro tipo di sentiero; elementi di schizofrenia e dramma ruotano attorno al ruolo della donna, dove le angosce agorafobiche la costringono a una sofferenza interiorizzata senza possibilità di evasione, in cui la propria la casa, unico luogo di serenità, viene profanata in un teatro dell’assurdo, dove gli invadenti ospiti si accumulano a dismisura, snervanti e distruttivi, divengono la rappresentazione dei pensieri disturbati che avvolgono la mente della donna, in un tutt’uno identificativo con l’abitazione, metaforicamente le mura divengono i confini della testa della protagonista, in cui ogni rumore e vibrazione sono fonte di fastidiosi suoni ed emicranie, il graduale affollamento della casa rende paradossalmente il luogo claustrofobico, e la donna intrappolata senza via d’uscita scorge vane le richieste d’aiuto rivolte alle sorde orecchie del marito; l’immedesimarsi in Lei da parte dello spettatore è reso da un sonoro che prevede forti amplificazioni, silenzi e quasi totale assenza di musiche.

Gli avvenimenti surreali e palesemente assurdi danno l’impressione che tutto si svolga nell’immaginazione della donna ,ma così come avvenuto ne Il cigno nero, utilizzando lo stesso schema, quest’idea viene gradualmente fugata, e se per gran parte del finale della pellicola prevale il senso del doppio, è in realtà all’inizio che si trova il raccordo per il giusto binario. Con la scena d’introduzione e con la preghiera recitata dal poeta abbiamo qualche indizio, ma è dalla sequenza del concepimento del figlio immersa in un’insolita luce che abbiamo il punto di svolta, esso rappresenta la rinascita della donna che ora diverrà madre mentre Lui ritroverà improvvisa l’ispirazione, da qui in poi si cambierà prospettiva. In questo momento di serenità il ventre della donna lievita e le parole del poeta divengono fertile ispirazione per le genti, ma il ritorno del simbolismo legato alla macchia di sangue che si estende sul pavimento di legno della camera, presente anche all’inizio, determina un nuovo peggioramento della situazione; il verbo profuso dagli scritti di Lui diviene fonte di fanatismo da parte delle persone, che accorrono per riunirsi attorno alla casa, egli è ormai considerato un messia, e il suolo domestico tempio sacro. Ecco dunque gettata la maschera: i sermoni del poeta rivolti alla gente vengono travisati, causando furti e distruzione nella casa, in un escalation di follia culminante in scontri di guerriglia e divisioni tra diverse fazioni fanatiche, ovvio riferimento alle guerre di religione in nome di Dio; in tutto questo caos la madre mette al mondo il figlio, la folla acquietatasi per il momento porge alcuni doni al piccolo, che contro la volontà di Lei il padre presenta alle genti che attendevano di vederlo, essi rapiscono il figlio per poi trucidarlo e mangiarne ognuno un rispettivo pezzo di carne, questa parte rappresenta la vita e il sacrificio di Gesù Cristo. “Tu non ami me ma l’amore che ho per te”: in questa frase pronunciata svariate volte dalla donna con differenti declinazioni troviamo sintetizzata la denuncia mistica del film, il marito/Dio desideroso dell’amore dei fedeli solo per autocompiacimento, non lo contraccambia, per ottenerlo sacrifica il suo figlio ma con disperazione; in Noah ci è stato presentato un Dio invisibile quasi del tutto assente, qui la sua presenza è più pressante, fisica e prosciugante, il suo mistero è un enigmatica controversia per Aronofsky, che sottolineandone le contraddizioni e gli estremi intende screditarne la fede, cercando di convogliare i fedeli verso le dottrine new age abbracciate in The fountain.

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