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15 Agosto 2025 - 10:08
L'autrice Roberta Poggio presenta "Onora il figlio" (Arkadia editore")
C'è di mezzo un paesino immaginario ma reale (Follero), una chiesa demolita, due donne - stesso nome e stesso cognome ma senza apparenti legami - che muoiono lo stesso giorno ma in città diverse, ci sono tre livelli temporali (2011, 1969 e 1929) e un anatema. Una saga familiare, che è però la storia di un paesino rurale capace con i suoi personaggi di toccare tante realtà d'Italia.
Si chiama "Onora il figlio" (Arkadia editore per la collana "Senza Rotta") e segna il debutto letterario di Roberta Poggio, anche se per lei la scrittura c'è sempre stata. Nella vita professionale e non. Chi è Roberta? Genovese d'origine, torinese di residenza e tante altre etichette. Per un po' anche monregalese, seguendo le orme del marito Ambrosino Tala, comandante della locale Compagnia dei Carabinieri dal 2018 al 2023. Ma prima ha studiato regia a Roma e lavorato come traduttrice, adattatrice di dialoghi per il doppiaggio, redattrice di testi per pubblicazioni a fascicoli e anche curatrice dell’edizione italiana di molti manga. A settembre uscirà poi con "Avevi ragione, mamma", novella dal tratto horror, per Eris edizioni.
È più difficile invece incasellare in un sol genere "Onora il figlio". «L’ambientazione è ispirata a un paese reale della Sardegna rurale, una terra che frequento spesso e a cui mi sento molto legata. È un legame che si aggiunge alle mie radici liguri, tra Genova e l’entroterra imperiese», ci svela l'autrice.
«Lo spunto è nato da un fatto realmente accaduto in quel paese: la demolizione di una chiesa storica. Mi sono chiesta quanto dev’esser stato difficile per la comunità affrontare la perdita di una tradizione così radicata e quale impatto emotivo possa aver avuto. Il titolo "Onora il figlio" nasce da una battuta di un personaggio secondario e racchiude l’idea di fiducia e rispetto verso le nuove generazioni. Credo che solo così ognuno possa realizzare davvero se stesso, che è poi il modo migliore per onorare e rispettare chi lo ha messo al mondo».
«Quando ho saputo che il libro sarebbe stato pubblicato, mi sono emozionata. Credo che sia una sensazione comune a tutti gli scrittori: ci si sente esposti. Ho ricevuto reazioni positive, più di quanto mi aspettassi. Ho fatto leggere il romanzo a persone di generazioni diverse e molti l'hanno "capito". Mi ha stupito il fatto che, in privato, diversi conoscenti mi hanno scritto per condividere le loro impressioni e per parlarne. Sostanzialmente, si tratta di una storia corale: tante voci, anche di chi si è allontanato dal paese, tutte legate dal filo conduttore della tradizione e delle origini».
«Sono innamorata della città: Piazza, Breo... mi hanno fatto ritrovare il senso di comunità di "paese" e mi hanno permesso di scoprire nuove tradizioni. Ho partecipato anche a eventi importanti, come Illustrada, un vero fiore all'occhiello che unisce cultura e bellezza. Io credo che se ami la cultura, non puó non piacerti una città come Mondovì».
Le chiediamo, in chiusura, che cosa è per lei la scrittura. «Nasce dallo sguardo, è un particolare modo di vedere le cose che spesso restano invisibili, e da lì nasce l’urgenza di comunicarle. La prima scintilla è sempre un dettaglio che colpisce l’occhio e si trasforma in parole. È un'esigenza».
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