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L'altra metà della Grande mela

Diane Keaton e Woody Allen, coppia simbolo del cinema che ha saputo raccontare New York in una maniera diversa.

L'altra metà della Grande mela

Il mito della metà narra di un tempo in cui gli esseri umani erano completi, ma Zeus geloso della loro perfezione lì divise. E da allora ogni individuo, sentendosi incompleto, va alla ricerca della sua metà mancante, ovvero di quella persona con cui unirsi potendosi sentire nuovamente integro e completo. Chi ha studiato filosofia sa che questo pensiero è arrivato da Platone. Tutti gli altri si devono "accontentare" di ricordarla grazie a "Tre uomini e una gamba". Possiamo tranquillamente affermare che Diane Keaton e Woody Allen siano stati l'uno la metà mancante dell'altro, anche se la vita coniugale non ha funzionato e il sodalizio artistico sia a un certo punto terminato. Troppo grande il feeling espresso dai due sul grande schermo, con capolavori universalmente riconosciuti della commedia da "Io e Annie" a "Manhattan", da "Provaci ancora Sam" ad "Amore e guerra". Il nevrotico Woody e la sofisticata Diane, e sullo sfondo le strade di New York, delle mostre di arte contemporanea e delle musiche di Gershwin. Degli ambienti intellettuali e un po' snob, delle citazioni colte, delle battute e degli aforismi. Una "grande mela" mostrata persino in bianco e nero: quell'altra New York, distante da quella largamente venduta a noi, o troppo sdolcinata oppure eccessivamente violenta. Una Manhattan che trova la sua completezza nei film della coppia, e che restituisce ai due il fascino e il mito delle sue ambientazioni, ordinate e anticonformiste, uniche e molteplici. Decisamente diverso da quello che eravamo abituati a vedere.

Diane Keaton ha completato si l'altra parte di Woody Allen, ma la sua carriera non si è fermata solo lì. In seguito si concentra principalmente in ruoli drammatici, spiccando nelle interpretazioni di "La stanza di Marvin" e "Reds". Per poi concedere un "ultimo ballo" a Woody e New York, in "Misterioso omicidio a Manhattan", prima di dividere il set con un altro mostro sacro quale Jack Nicholson in "Tutto può succedere". Resterà di lei una presenza cinematografica unica ed innovativa, indipendente ma fortemente legata a sequenze e sodalizi che difficilmente riusciremmo a scindere.

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