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17 Ottobre 2025 - 08:30
È tutt'ora una delle prime immagini che ricordo dello sbarco di un diciannovenne di Provincia a Torino, fresco di diploma, bisognoso di ambientarsi con la grande città e con l'università. Il crocicchio tra via Po e via Sant'Ottavio, la grande edicola che faceva angolo, quella locandina con strilli irriferibili, ogni mese uno schiaffo di satira e di irriverenza che spiccava tra i titoli enfatici ma più compassati del "Corriere" de "La Stampa" e delle altre testate.
Da novembre il "Vernacoliere", mensile livornese, tacerà sicuramente per un periodo, forse per sempre. In Italia era uno degli ultimi giornali esplicitamente dedicati alla satira e ad un certo tipo di satira. Non a caso era comunque venduto in tutta Italia, nonostante fosse scritto in vernacolo toscano, talvolta anche piuttosto stretto.
Non è per tutti i palati il "Vernacoliere". Non c'è qui un corrispettivo del francese "Charlie Hebdo", ma si può dire che il "Vernacoliere" condividesse con la testata francese la voglia di fare ironia e comicità in totale libertà, senza porsi frontiere di buon gusto, di irriverenza, di linguaggio né precludersi obiettivi. Politica, religione, vita quotidiana.... Si può apprezzare, non apprezzare; si poteva non condividerne i contenuti e lo spirito, decisamente e volutamente sopra ogni riga: è innegabile tuttavia che, un po' come la "Settimana enigmistica", fosse uno degli ultimi giornali in edicola a testimoniare, anche nella sua veste grafica, un'altra epoca della stampa, un periodico che non aveva mai sentito l'esigenza di rinnovarsi troppo, mantenendo sostanzialmente intatte le sue caratteristiche, il suo gusto per la parodia, le sue forme un po' novecentesche per più di mezzo secolo. Tuttavia, se pure il bilancio, a fatica si poteva far quadrare (e non quadrava, a quanto scrive l'editore), è la natura a porre limiti all'unico deus ex machina che lo ha retto per tutti questi anni: Mario Cardinali, direttore ed editore, si avvicina alla soglia dei novant'anni. Comprensibilmente, deve rassegnarsi a una riorganizzazione editoriale interna, perché l'età non gli consente più di proseguire l'impegno di sempre.
La notizia ha fatto molto rumore nel già disastrato panorama editoriale italiano, per di più, nel mondo dei periodici a fumetti di edicola. Sono tanti gli autori e gli sceneggiatori che in queste ore stanno salutando il messaggio della testata. Indubbiamente è stata una palestra per tante firme, uno spazio lavorativo libero per tantissimi collaboratori. La chiusura di un'altra testata storica, che sia per ragioni finanziarie o anagrafiche, è indubbiamente un altro passo che sembra sancire la fine di un mondo, i cui conti sono sempre più in rosso e di cui la distribuzione è sempre più complessa, perchè le edicole chiudono o si riconvertono anche a vendere altri articoli.
È evidente che siamo in una fase di transizione e cambiamento, l'editoria è in cerca di nuove forme, nuovi assetti, una nuova strada verso il proprio pubblico. Fare i conti con le nuove tecnologie è una sfida complessa, vedremo come sarà possibile affrontarla. Sicuramente, però, l'annuncio del "Vernacoliere" segna la fine di un'epoca e di una testata rimasta, diversi decenni dopo, a testimoniare un giornalismo e un'Italia che non esistono più.
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