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AI contro fumettisti: il caso Linus e la sfida (ancora aperta) tra arte umana e intelligenza artificiale

Dalla copertina “generata” di Linus al premio di Lucca Comics, l’uso dell’AI nel fumetto italiano divide come mai prima. Tra etica, copyright e “good enough culture”, il confine tra provocazione artistica e sostituzione creativa si fa sempre più sottile.

AI contro fumettisti: il caso Linus e la sfida (ancora aperta) tra arte umana e intelligenza artificiale

La copertina di Linus in questione

Polemica sull’uso dell’intelligenza artificiale in ambito artistico riesplosa in Italia per due episodi ravvicinati.

Il primo: a Lucca Comics & Games 2025, una delle più importanti manifestazioni del settore, una menzione speciale è andata a un progetto realizzato con strumenti di AI.
Il secondo: Linus, la storica rivista del fumetto d’autore, ha scelto una copertina interamente generata da intelligenza artificiale per il numero monografico dedicato a Neon Genesis Evangelion.

Due scelte simboliche che hanno scatenato reazioni contrastanti nel mondo del fumetto e non solo.

Perché il fumetto resta il fronte più “resistente”

Rispetto ad altri ambiti creativi, il fumetto appare l’ultimo bastione dove l’AI fatica a essere sdoganata. Nell’editoria illustrata e giornalistica si sono già visti casi di copertine o vignette prodotte con generatori di immagini senza particolari proteste. Ma nel fumetto — linguaggio che unisce narrazione, disegno e sensibilità autoriale — la reazione resta più istintiva, più identitaria.

Le critiche si muovono su diversi livelli:

  • Etico e legale: database di addestramento spesso basati su immagini protette da copyright.
  • Ambientale: costo energetico delle infrastrutture necessarie.
  • Ma soprattutto professionale: sottrazione di opportunità lavorative a disegnatori, coloristi e illustratori.

Il caso Linus: errori visivi e un’interpretazione “sospetta”

La copertina di Linus ha diviso ulteriormente il pubblico: non solo per la scelta di affidarsi a un algoritmo, ma anche per il risultato in sé — numerosi errori anatomici e compositivi — e per una lettura discutibile dei protagonisti di Evangelion, resi come eroi muscolari e solenni invece che figure tormentate e problematiche.

Il punto è se questi limiti vengano davvero percepiti dal pubblico generalista. Sempre più spesso l’AI produce immagini “abbastanza buone” (good enough) per lo sguardo distratto dei social o dell’edicola. E se perfino Linus, simbolo di un pubblico colto e selettivo, si affida all’AI senza remore, lo sdoganamento culturale è davvero vicino.

Arte o automatismo? La questione dell’intenzionalità

Un aspetto cruciale riguarda l’intenzionalità autoriale. Una copertina “umanamente” provocatoria può rileggere Evangelion in chiave ironica — come in Last Action Hero, dove Schwarzenegger recita un Amleto muscolare e parodico — e in quel caso il senso risiede nella volontà consapevole dell’artista.

Con un’immagine generata da AI, invece, il sospetto è che il risultato sia semplicemente il primo output. Almeno, il prompter dovrebbe mostrare il processo: scelta dei prompt, tentativi scartati, costruzione dell’immagine come atto intenzionale. Non risolve le altre criticità, ma restituisce un’ombra di intenzionalità.

Dal fumetto a “Joan is Awful”: il futuro (inquietante) dell’intrattenimento su misura

Come profetizzato da Black Mirror nell’episodio Joan is Awful, la deriva possibile è un intrattenimento completamente automatizzato: contenuti generati in tempo reale, personalizzati sui nostri gusti, persino con noi come protagonisti.

Uno scenario affascinante ma rischioso: la fine della produzione artistica umana in ambito pop. Un’arte ridotta a mash-up di citazioni e algoritmi predittivi, che si satura nell’autoconsumo: un super-postmoderno.

Conclusione: dopo Linus, e dopo Lucca

Il caso Linus e la menzione di Lucca Comics & Games non sono incidenti isolati: sono segni di un cambiamento di paradigma. Forse inevitabile, ma non per questo neutro. Il fumetto, proprio perché linguaggio ibrido tra parola e immagine, resta un terreno di resistenza culturale dove la domanda resta aperta:

Che valore ha ancora la mano dell’autore, in un mondo dove tutto può essere generato?

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