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Quando lo zio di Johnny Stecchino viene a prenderti alla stazione.

Memorabile il dialogo in auto tra Benigni e Paolo Bonacelli, attore scomparso da pochi giorni: un grande del palcoscenico, del grande e piccolo schermo, protagonista di una sequenza indimenticabile del nostro cinema.

Quando lo zio di Johnny Stecchino viene a prenderti alla stazione.

Si può essere un grande interprete del cinema e del teatro drammatico contemporaneo ma essere ricordati per una piccola parte in una commedia? Nel bene o nel male si. Paolo Bonacelli, scomparso nei giorni scorsi, è un nome non noto a tutti, ma il suo viso e la sua cadenza in un'interpretazione in particolare si. Tutti in Italia hanno visto almeno una volta Johnny Stecchino, film tra i più popolari nella storia del paese diretto e interpretato da Roberto Benigni. E sicuramente tutti ricordano la sequenza in cui lo "zio" accompagna in auto Dante (Roberto Benigni) dalla stazione di Palermo fino alla villa dove ad attenderlo ci sono Maria e... Johnny Stecchino. Una situazione comune: un passaggio offerto da uno sconosciuto, una conversazione a grandi linee giusto per rompere l'imbarazzo e il silenzio del momento. Il dialogo che avviene all'interno del veicolo si trasforma però in qualcosa di grottesco e surreale, ed è entrato nell'immaginario collettivo. Il tema della conversazione è: "Le piaghe di Palermo". Vengono menzionate nell'ordine: Etna, siccità e traffico, tra l'evidente perplessità mimica di Dante. Dimenticando volutamente la mafia che affligge purtroppo le magnifiche terre palermitane, e di cui il personaggio di Bonacelli ne è appartenente.

Paolo Bonacelli non era naturalmente "solo" uno straordinario caratterista; l'attore romano e non siciliano (non inganni la bravura nell'immergersi in altri dialetti), appena diplomato in arte drammatica comincia la sua carriera sul palcoscenico, dividendosi tra Roma e il teatro Stabile di Genova, proseguendo per tutta la vita artistica fino al 2010 col "Malato immaginario" di Molière. L'esordio al cinema avviene nel 1964 con "Cadavere per signora", e poi nei film di Scola e Rossellini, Bolognini e Bellocchio. L'incontro con Pasolini in "Salò o le 120 giornate di Sodoma", e con Roberto Benigni che gli dona un paio di ruoli con cui il grande pubblico lo identificherà. Recitare la parte del caratterista limita il potenziale di un'attore però permette di finire anche nella grandi produzione hollywoodiane come "Mission: Impossible" o nei film di Jim Jarmusch. In tutto questo, come molti della sua generazione, tante apparizioni in serie TV, presente in "La Piovra", la Radio e il doppiaggio. Sorridiamo, e un po' ci sentiamo in colpa, quando incappando in una di queste altre sue parti, ci viene in mente lo "zio" di Johnny Stecchino o il Leonardo da Vinci di "Non ci resta che piangere". E' indubbiamente errato non dare alle singole interpretazioni una vita propria, ma siamo un popolo che si affeziona ai volti e ai personaggi, e che apprezza l'autoironia, e chi è capace a scendere qualche gradino dalla recitazione alta, per regalarci un po' di commedia.

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