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La lettera di una mamma: «I compiti a casa sono troppo pochi». Chi ha ragione?

l dilemma delle scuole Elementari. Le riflessioni di un genitore e il dibattito specialistico

La lettera di una mamma: «I compiti a casa sono troppo pochi». Chi ha ragione?

Compiti a casa: sì o no? E con quale “intensità” o gradazione? Questo argomento è uno dei più dibattuti quando si parla di istruzione tra genitori e addetti ai lavori. Ognuno porta la sua esperienza, o le tendenze di un determinato periodo storico.

Riapriamo il dibattito con la lettera di una mamma monregalese giunta nella nostra redazione di cui riportiamo alcuni passaggi. «Ho un bambino che quest'anno frequenta la classe 3ª elementare in un Istituto comprensivo del monregalese. È il secondo anno che, mio marito ed io, ci stupiamo dei pochissimi compiti a casa che vengono assegnati». «Confrontandomi con diverse mamme, siamo in molte a chiederci: “come possono imparare senza esercizi. Una risposta è “si lavora molto in classe”. Il lavoro in classe, tuttavia, non può e non deve sostituire l'apprendimento a casa. Mio figlio, in terza elementare, come altri bambini di quinta elementare, non è in grado di scrivere in corsivo. Assurdo. Il corsivo, non lo stampatello, è la modalità ordinaria di scrittura. Circa 15 anni fa venivano richieste pagine di lettere, di sillabe, di frasi in corsivo. Abbiamo imparato a scrivere. Studiavamo le tabelline a memoria, tanti esercizi, scritti sui quaderni». «Soprattutto, abbiamo imparato ad impegnare il nostro tempo nei compiti e nello studio. Ciò che è "il lavoro" di uno studente. Qualcuno contesterà: i tempi sono cambiati, i genitori lavorano. In parte vero. Tuttavia, l'apprendimento del tempo da dedicare allo studio è fondamentale fin dai primi anni della scuola primaria. Non è educativo, a parer mio, da parte di dirigenti e insegnanti passare dai pochi, pochissimi compiti di una scuola primaria, al carico di ore di lavoro e studio della secondaria di primo grado».

Un dibattito aperto

La lettera di questa mamma apre più filoni di riflessione, ma cosa emerge dal dibattito specialistico sul tema dei compiti a casa? Gli studi sull'opportunità di svolgere compiti a casa per gli alunni delle scuole elementari mostrano risultati contrastanti. Secondo John Hattie, rinomato ricercatore nel campo dell'educazione, l'efficacia dei compiti a casa nei bambini al di sotto degli 11 anni è minima, con un impatto molto basso (0.16 su una scala da -1 a 1), a differenza degli studenti più grandi dove l'efficacia è superiore (0.65). Inoltre, Hattie sottolinea che brevi periodi di compiti, come 10-20 minuti giornalieri, possono essere sufficienti, purché gli esercizi siano motivanti e adeguati al contesto educativo.

Dal punto di vista pedagogico, i compiti a casa possono favorire l'autonomia, la riflessione personale e il consolidamento delle competenze, coinvolgendo anche la famiglia in un percorso condiviso. Sempre facendo attenzione che i genitori non si sostituiscano agli alunni. D'altra parte, molti studi evidenziano anche i limiti e i rischi dei compiti a casa. Questi possono causare stress, frustrazione e affaticamento nei bambini, specialmente in quelli con difficoltà specifiche di apprendimento. Inoltre, compiti mal strutturati o eccessivi rischiano di penalizzare chi ha meno supporto familiare. Alcuni esperti evidenziano inoltre che non esistono prove scientifiche certe che comprovino l'efficacia globale dei compiti per casa nelle scuole elementari.

In conclusione – LEGGI QUI la riflessione completa –, la letteratura suggerisce che i compiti a casa nella scuola primaria dovrebbero essere pochi, mirati e calibrati sull'età e sulle capacità dei bambini. Fondamentale è una solida alleanza educativa tra scuola e famiglia, per fare in modo che i compiti diventino un momento positivo di apprendimento e riflessione, evitando ripetizioni eccessive e attività fuori contesto.

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