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L'annuncio il 25 Aprile: «Vogliamo aprire a Mondovì un Ufficio per la Pace»

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Un "Ufficio per la Pace" a Mondovì, come quello del Comune di Alba. Lo hanno chiesto le Donne in Cammino per la Pace durante le celebrazioni del 25 Aprile. E il sindaco Robaldo ha promesso che si attiverà per farlo. «Vogliamo portare anche a Mondovì un ufficio per la Pace». Si parla anche di una delega comunale, già presente in alcune città (come Cesena).
L'intervento di Lorella Gallo, portavoce delle Donne per la pace di Mondovì: «Siamo qui con il nostro striscione e con tutte queste bandiere: Myanmar, Palestina, Afghanistan, Saharawi, Siria, Kurdistan, Libano, Repubblica democratica del Congo, Sudan, Ucraina e anche la bandiera della pace. Sono simboli che non vogliono essere messaggeri di nazionalismi arrembanti, ma che rappresentano solo alcuni dei popoli che stanno subendo gli abusi di potere dei signori della guerra: attualmente ci sono più di 50 conflitti armati, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, e coinvolgono – più o meno indirettamente (Italia compresa) – quasi cento Paesi. Noi siamo piccole persone, con un solo grande potere: siamo il popolo dell’art. 11, che racconta di chi ha voluto uscire dalla dittatura e fondare un’Europa che smontasse i nazionalismi, portatori di guerre senza soluzione di continuità. Le prime due guerre mondiali, combattute in gran parte sul suolo europeo sono state, infatti, definite dagli storici “la guerra dei trent’anni”. Quindi di quali guerre stiamo parlando oggi? Siamo abituati a riassumere la parola guerra in una frase famosa: “La guerra è la continuazione della diplomazia con altri mezzi”, che, però, è stata ormai resa inapplicabile dall’enorme capacità di uccisione della tecnologia bellica. Oggi ci dobbiamo confrontare con una lista molto variabile per definire il conflitto armato. Parliamo di guerra asimmetrica, di quella preventiva, di quella definita – paradossalmente – umanitaria o di quella giusta, di sapore medievale. Molti dei paesi di cui abbiamo portato le bandiere oggi rientrano in questa casistica, ma ce ne sono alcuni che, secondo il diritto internazionale, rispondono alla definizione di pulizia etnica, in quanto mirano a rimuovere la popolazione dal proprio territorio uccidendola o costringendola alla fuga. Le notizie che arrivano da tante parti del mondo ci fanno pensare che è ormai avvenuto il passaggio da pulizia etnica a genocidio, cioè l’intenzione di distruggere quella popolazione ovunque essa si trovi. Il lenzuolo che abbiamo portato qui richiama la tragedia più grande, cioè l’uccisione di bambine e bambini che non può mai essere giustificabile. Questa è la ragione per la quale, da più di un anno, siamo presenti in strada con il nostro silenzioso ma fermo rifiuto del sistema guerra, chiedendo di far cessare il fuoco ovunque e in primo luogo in Palestina, per dare la possibilità di essere libero a un popolo che non è mai stato senza terra. La nostra, infatti, non è un’astratta richiesta di pace, ma un netto rifiuto del sistema guerra, che, come ha recentemente affermato lo storico Angelo D’Orsi, non è solo un sistema militare, ma coinvolge i mezzi di comunicazione, la finanza, l’industria e, aggiungiamo noi, in ultima ma non meno importante battuta, l’umanità intera. Chiediamo un nuovo ordine internazionale in grado di esercitare davvero la capacità di comprendere l’altro da noi, esercitando non la guerra ma l’incontro, affinché i confini non siano delle gabbie, ma degli attraversamenti. E ciò significa un immediato cessate il fuoco, l’applicazione delle Risoluzioni ONU per la costruzione di uno stato di liberi ed eguali per palestinesi ed israeliani. Abbiamo anche delle proposte concrete da portare alla nostra Amministrazione: si tratta di buone pratiche già in atto in altri comuni; quindi, la nostra esortazione è che si può fare. Per citarne una soltanto, ci riferiamo all’Ufficio comunale per la pace esistente da molti anni presso il Comune di Alba. Siamo qui, infatti, non solo per custodire la memoria ma anche per coltivarla nelle nostre azioni. La storica Benedetta Tobagi ha scritto «se la Resistenza fosse una mappa, alla fine ci sarebbe un grosso “Voi siete qui”. Insieme alle domande: E tu, ora, che farai? Come raccoglierai questa eredità?». Il coraggio dei partigiani e delle partigiane che stiamo omaggiando stamattina ci dovrebbe dare la risposta, ben sapendo che la difficoltà della scelta, oggi, non è per nulla paragonabile. Viva la Resistenza, viva la Costituzione antifascista!»
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