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05 Settembre 2025 - 16:33
Tra la selva di interpreti problematici, tormentati, protagonisti di oltre un secolo di cinema, spicca per complessità il nome di Klaus Kinski. L’attore tedesco non è forse l’esempio più altisonante in termini di personalità irrequieta, ma è quello che ha messo maggiormente in difficoltà colleghi, produzioni, amici registi, e principalmente se stesso e la sua stessa arte.
Noto agli inizi per i suoi ruoli di cattivo nei western, abito che gli filava alla perfezione per predisposizione artistica e per la maschera da “folle” che riusciva a imprimere al suo volto. La sua carriera prosegue alternandosi tra pellicole dimenticabili e l’incontro con grandi cineasti, su tutti Werner Herzog, insieme per 5 film. Ci sono decine di aneddoti sul rapporto tra i due: sfuriate sul set, minacce e persino atti di violenza e autolesionismo, molte raccolte nel documentario “Kinski, il mio nemico più caro” realizzato dal regista tedesco.
Klaus, totalmente imprevedibile, trattava malissimo colleghi e staff durante le riprese, la realizzazione delle quali risultava praticamente un inferno a detta di molti, sotto la costante minaccia che qualche “luna storta” mandasse tutto all’aria. Dall’altra parte il talento smisurato (ha imparato da autodidatta), che nonostante i tanti problemi dentro e fuori la sua testa ha generato interpretazioni memorabili come in “Aguirre, furore di Dio”, “Fitzcarraldo” e l’iconico “Nosferatu a Venezia”.
La fama degli scatti d’ira e le molte accuse di violenza nella vita privata non lo allontanano dai radar dei grandi registi del periodo. È però lui a negarsi, per sua stessa ammissione: lo cercarono tra gli altri Spielberg e Fellini, ma per futili ragioni e incapacità di volersi adattare l’attore respinse le offerte di un cinema che non sentiva suo.
Si dice che ci sono cavalli che devono essere lasciati a briglia sciolta, e talenti cristallini da non dover contaminare. A detta di molti Klaus Kinski molto ha lasciato, ma forse è molto di più quello che avrebbe potuto ancora dare.
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