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Stellantis toglie il logo "Fiat" dallo storico stabilimento di Mirafiori

Cambiano i tempi, restano i ricordi. L’addio al marchio è la fine di un sogno che ha unito il nord e il sud del Paese

Stellantis toglie il logo "Fiat" dallo storico stabilimento di Mirafiori

Lo stabilimento Fiat di Mirafiori negli anni '60, foto Wikipedia

Nel cuore di Torino, all’ombra dei monti che vegliano la città, pulsa da oltre ottant’anni un impianto simbolo dell’Italia industriale: lo storico stabilimento FIAT di Mirafiori. Ma oggi, con la rimozione del marchio Fiat dalla sua palazzina centrale, se ne va – silenzioso, inevitabile – un pezzo importante di quel miracolo industriale che fu.

Un simbolo che svanisce
Nelle ultime settimane, le facciate della “Palazzina degli Enti Centrali” affacciata su Corso Gianni Agnelli e Corso Traiano sono state protagoniste di un’azione che ha il sapore di un addio: via i loghi storici — Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Abarth, Jeep — e al loro posto la promessa di una grande scritta “Stellantis” che dovrà affermarsi entro il 2027.

L’azienda chiarisce che si tratta di “normali attività preparatorie” per la ristrutturazione del sito, inserita nel progetto grEEn Campus, e respinge l’idea di tocchi erodendo l’identità torinese. Eppure, ciò che accade assume valore simbolico: una grande fabbrica che ha segnato il Novecento italiano, sta cambiando volto — e con esso, forse, anche una parte della memoria collettiva.

Un passato fatto di storie di famiglia
Lo stabilimento di Mirafiori non è stato solo una fabbrica. È stato uno spartiacque storico: sin dagli anni Cinquanta e Sessanta, centinaia di migliaia di persone — provenienti soprattutto dal Sud Italia — hanno preso il treno, abbandonato il paese natìo e trovato lavoro tra i reparti torinesi della Fiat.

In molti, anche dal Monregalese e dalle Langhe, hanno preso parte a quel flusso migratorio interno: generazioni che hanno scelto, per sé e per i propri figli, il rumore delle catene di montaggio, lo scorrere degli attrezzi, l’ingresso al mattino in un reparto e l’uscita la sera carichi di speranza. Questo stabilimento ha rappresentato per migliaia di famiglie un futuro concreto, un trampolino verso una vita nuova — e per Torino, un cuore industriale pulsante.

Segno dei tempi che cambiano
Quella rimozione dei loghi — per quanto motivata da ragioni organizzative e strategiche — agisce come un promemoria visivo: “Nulla sarà più come prima”. In quell’azione apparentemente semplice si legge l’inevitabile trasformazione del mondo del lavoro, dell’industria, dell’identità sociale. Un pezzo di Italia che cambia con esso.

In un momento storico in cui l’automotive affronta sfide nuove – elettrificazione, globalizzazione, pressioni competitive –, l’atto simbolico di svuotare la facciata di un marchio tanto radicato assume una valenza profonda: la fine di un’epoca. Un’epoca in cui “fabbrica” significava stabilità, comunità, appartenenza territoriale. Ora quel significato si rinnova, ma il sentimento è quello dell’addio.

L'importanza dei ricordi
Nel ricordo di Mirafiori — delle sue linee di montaggio, delle pause caffè nei reparti, dei volti segnati dalla vita operaia — c’è qualcosa che vale più di qualunque ristrutturazione: la testimonianza di ciò che è stato. Una memoria di fatica, conflitto, solidarietà, innovazione.

E per il Monregalese, così come per tante zone del Piemonte che hanno visto partire tanti giovani verso Torino, quella fabbrica è parte della propria storia familiare. È quel padre o lo zio che raccontavano del “turno di notte”, della “catena”, della “600 prodotta a migliaia”. È un’eredità che non si cancella semplicemente cambiando insegna.

Eppure, la trasformazione non è solo perdita. Perché Mirafiori si prepara ad accogliere nuove sfide: un volto più “green”, spazi rinnovati, un ruolo strategico per Stellantis in Italia. Si può sperare che quel luogo continui a essere vive, pulsante — ma con altri codici, altre forme.

Il giorno in cui il marchio Fiat scompare dalla facciata di Mirafiori sarà ricordato come un cambio d’epoca. Non per decisione dei singoli, ma per il tempo che scorre, per i cicli che si chiudono, per le identità che si trasformano.

Il passato resta — nei racconti delle famiglie, nelle vite che quel luogo ha coinvolto, nei valori che ha generato. Ma quel passato non tornerà nei contorni di prima. E forse va bene così: perché ogni epoca ha i suoi bisogni, le sue domande, i suoi simboli.

Tuttavia, mentre guardiamo avanti, vale la pena fare una pausa: respirare il peso della storia, riconoscere la fatica di chi ha costruito, onorare il silenzioso cambio d’insegna che racconta una metamorfosi più ampia. Perché cambiano i loghi, cambiano i tempi — ma l’anima di quei luoghi resta, quando viene custodita con rispetto. E Mirafiori, con la sua storia e le sue famiglie, merita che la ricordiamo — e che riconosciamo il segno che lascia.

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