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11 Dicembre 2025 - 18:17
Ernesto Billò e la copertina del libro "Parlavamo in piemontese"
Ogni tanto il prof. Ernesto Billò si lamenta per l’età che avanza e noi lo canzoniamo bonariamente, ma la voglia di scrivere, di testimoniare e di conoscere è vivida e immutata. La lista dei suoi progetti editoriali è lunghissima, a volte ha annunciato che quel certo lavoro sarebbe stato l’ultimo, ma alla fine una nuova idea ha sempre preso il sopravvento. E i suoi lettori si augurano che questa catena si allunghi ancora. Un pensiero assolutamente condiviso dalla famiglia de “L’Unione Monregalese” (e dalla Cooperativa Editrice Monregalese) che ha anticipato sul settimanale molte puntate del suo (penultimo) progetto, raccogliendole poi in questo libro in una versione arricchita e ampliata.
Questa volta Billò ci porta nel mondo di suoni e parole del piemontese che per tanti è stata la prima lingua appresa in famiglia o, per chi è arrivato dopo, riporta alla mente le domeniche in famiglia con nonni e bisnonni tra inflessioni e modi di dire, diversi da valle a valle, da paese a paese. Un cerchio che è andato sempre più restringendosi, stretto dal predominio dell’italiano e da una sorta di pudore nell’utilizzare una lingua associata ai tempi passati, non in linea con il “progresso”. I timori per l’affievolirsi della conoscenza e della pratica delle parlate regionali purtroppo sono fondati e arriva anche da qui l’esigenza di “fissare” in qualche modo i meriti del piemontese e la sua capacità di esprimere genuinamente aspetti tipici del nostro carattere, della nostra storia, delle nostre tradizioni
«Il piemontese è stata la mia prima lingua: quella con cui ho scoperto il mondo all’intorno, in famiglia, nei giochi di strada, in tempo di guerra – spiega il prof. Billò –. A scuola il dialetto non mi è stato d’ostacolo, anzi mi ha aiutato a distinguere e a scrivere in italiano corretto (pur con la tipica larga pronuncia dei nostri posti). Il piemontese – anzi il monregalese – mi ha stimolato ad un confronto continuo, alla scoperta di espressioni dialettali spesso ricche, colorite ed argute, frutto di una cultura e di una mentalità legate all’esperienza concreta, alla terra, al lavoro, al nostro carattere»
Un patrimonio non solo di parole: «Lo sguardo del prof. Ernesto Billò è documentato e sapienziale – sottolinea nella prefazione il direttore de “L’Unione Monregalese”, Corrado Avagnina –. Aiuta a ritrovare immagini di ieri e dell’altro ieri che venivano disegnate da un modo di comunicare di grande efficacia, colorito, facilmente memorizzabile».
Nel volume “Parlavamo in piemontese”, Billò non ha la pretesa di vergare un testo accademico, ma fa sicuramente centro nell’evocare storie, ricordi, atmosfere e personaggi presenti probabilmente nella storia di tanti di noi. «Senza mirare alla completezza e alla perfezione (ma suggerendo autori e studi tanto più ampi e sicuri) ho proposto una sorta di chiacchierata sui nomi di persone e di paese, i modi di dire, i proverbi, le preghiere, le tiritere, i santi, il diavolo, le masche; e ancora sui giochi di parole, le storie, gli sfoghi sopra le righe, la natura in dialetto. Sui termini specifici per ogni attrezzo, mestiere, professione, per la cucina ricca e povera, per la vita nei campi e a scuola, sul folclore, le guerre. Nel dialetto anche le malattie trovano a volte conforto e solidarietà; e la morte un’accettazione di buon senso, visto che tutto sommato è un “gavé ‘l destorb”; un “tiré ij gambin... e ciao Ninéta...”».
Allargando l’orizzonte nel volume troviamo anche sguardi incentrati sul formarsi e modificarsi del piemontese attraverso i tempi, e altri sugli attuali timori circa la sua sorte, ma pure una rapida sintesi della letteratura, del teatro, della poesia in dialetto dal Settecento in poi e di quella fiorita e fiorente in terra monregalese. «Mentre mi pento di certi miei versi giovanili – aggiunge ancora Billò –, considero un privilegio aver avuto con i poeti nostrani una lunga frequentazione e amicizia, curando anche (da “Cantoma pian” del 1960 in poi...) la pubblicazione di alcune loro raccolte di Carlo Coccio, Francesco e Carlo Comino, Tonin Giordano, Carlo Regis, Ezio Briatore... e amicizia e ammirazione provo per Meco Boetti, Remigio Bertolino, Carlo Dardanello, Nicola Duberti e per una vivace schiera di “Gate Marèle”, e per voci poetiche del circondario».
Inoltre, partendo da questo piccolo omaggio al “piemontese”, Billò darà l’ennesima testimonianza di amore per la sua Mondovì donando alla Biblioteca Civica «l’intera raccolta di opere piemontesi – versi, prose, studi del passato e del presente – che vengo collezionando da una vita e che sono state alla base di questa “chiacchierata”. Spero vadano ad aggiungersi a quanto già esiste negli scaffali della Biblioteca e magari a doni di altri “collezionisti”, così da alimentare anche in futuro l’interesse e la pratica della lingua “materna” attraverso letture, riscoperte, nuove opere creative, interpretazioni e studi critici e storici». Grazie Netu.
“Parlavamo in piemontese” di Ernesto Billlò (CEM, euro 12). Il volume è disponibile presso “L’Unione Monregalese“, nelle librerie di Mondovì e in alcune edicole.
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