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16 Dicembre 2025 - 17:26
Giovedì 11 dicembre nel pomeriggio la sala Scimé ha ospitato, come di consueto, un incontro dell’Università degli Adulti di Mondovì, giunta quest’anno al 43º ciclo accademico.
La lezione, partecipatissima, ha avuto come relatore d’eccezione l’insigne linguista niellese Gian Luigi Beccaria, autore di innumerevoli studi e pubblicazioni. Beccaria, introdotto da Ernesto Billò, è intervenuto per presentare al pubblico i contenuti del suo prossimo libro, in fase di stesura, una riflessione sulla quotidianità moderna, sempre più schiava della tecnologia e sempre più incalzante, e su un valore da riscoprire e recuperare: quello della lentezza.

Una dote da intendersi come spazio di cura e attenzione, come condizione necessaria per la concentrazione, per l’approfondimento, per la cura del dettaglio. Tutti elementi che sembrano in via di estinzione, nella società moderna fatta di reels di pochi secondi e di una bulimica produzione di migliaia di contenuti. «La scienza e la tecnologia sembrano trionfare sulla letteratura e le discipline umanistiche – ha detto Beccaria –. Nel mio libro intendo fare un elogio della lentezza che sembra oggi un qualcosa di anacronistico: eppure è la dote del filologo, è condizione necessaria per leggere e interpretare a fondo il testo. La nuova generazione ha altri meriti, tra cui sicuramente la velocità. Più che mai oggi è importante che la scuola insegni la virtù della lentezza, dell’indugio su quello che si legge, fa, pensa, esamina». Il professor Beccaria ha poi proseguito citando alcuni esempi di letteratura a contatto con la scienza, tra cui il lavoro del romanziere francese Raymond Queneau, autore della “Piccola Cosmogonia portatile”, le “Operette morali” di Giacomo Leopardi e “Il sistema periodico” di Primo Levi. «Giovanni Pascoli, che a scuola si studia generalmente male, ha scritto poesie astrali straordinarie, in cui riferisce lo sgomento e la paura davanti al cosmo, l’angoscia che prende davanti al mistero dell’immenso, dell’infinito e al destino degli astri. I pensieri degli scienziati non si discostano poi così tanto. Condividono la stessa vertigine».
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