
Non c'è andato leggero, il sindaco di Mondovì. «Non c'è niente di peggio che il fotovoltaico a terra». Queste le sue parole mercoledì 12 marzo, davanti al Consiglio comunale, quando ha dovuto approvare il regolamento che va a disciplinare l'installazione di impianti fotovoltaici sul territorio di Mondovì.
Approvato all'unanimità ma, a sentire Robaldo, per lui è stato un boccone amarissimo da mandare giù e a denti stretti. Del resto, poco tempo fa il Comune ci aveva provato a mettersi di traverso su uno di questi impianti: ma il TAR era stato categorico. Robaldo: «Questo regolamento "fa quello che deve fare" - ha detto il sindaco -, ma mi spiace che non sia stato inteso come un tentativo di porre un limite. Parlando di consumo del suolo, credo non ci sia nulla di peggio che chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici a terra, soprattutto su suolo agricolo coltivabile che ci sostiene rispetto alla crisi. La provincia di Cuneo è colonizzata di richieste di speculatori, che lo fanno sulla pelle dei contadini che non hanno più la possibilità economica di sostenersi e, col cappio al collo, vendono terreni che valgono poco. Sono pochissimi gli imprenditori seri che cercano di farlo per ridurre le emissioni. In Italia siamo stati così bravi che li abbiamo finanziati col PNRR, senza chiederci chi sia dietro questi impianti, semplicemente per correre dietro alla chimera della sostenibilità economica-energetica dopo che i russi hanno "chiuso i rubinetti". Non ho mai condiviso questa decisione del Governo Draghi che ha liberalizzato, togliendo agli Enti locali la possibilità di decidere alcunché su questi interventi. E il Parlamento di questo Governo è tornato sul tema, ribadendo che gli Enti locali non contano nulla.... fatto salvo che poi la faccia la mettiamo noi. Farò tutto ciò che è in mio potere per evitare che la nostra città si colonizzata investendo, se necessario, anche migliaia di euro davanti al Tribunale o a qualsiasi magistratura per evitare queste speculazioni». Diverso, invece, il tema della Comunità energetica: «Favorevolissimo all'installazione dei pannelli sui tetti di aziende, capannoni, parcheggi coperti, chiese».
CHI RILASCIA LE AUTORIZZAZIONI?
La procedura autorizzativa è diversa a seconda del tipo di impianto. La norma separa gli impianti costruiti sui tetti degli edifici da quelli realizzati “a terra”. Per il primo caso, non serve alcuna autorizzazione: è attività edilizia libera, si deve semplicemente comunicare al Comune. Per quanto riguarda quelli a terra, invece, ci sono diverse casistiche. Per gli impianti fotovoltaici realizzati su suolo non agricolo, come aree industriali/artigianali, o in determinati siti come cave o discariche, è sufficiente comunicare al Comune l’installazione. Le cose cambiano quando si parla di impianti su suolo “normale”, che possono essere costruiti su “aree idonee”. In questo caso, l’iter dipende dalla potenza dell’impianto. Se è sotto il megawatt, non serve alcuna autorizzazione: è sufficiente depositare in Comune la DILA, denuncia di inizio lavori. Se la potenza è superiore a 1 MW ma inferiore a 12 MW, l’impianto gode della “procedura abilitativa semplificata”, che di fatto non richiede rilasci autorizzativi. L’unica vera autorizzazione necessaria è quella della Provincia, che però scatta solo dai 12 megawatt in su.
Le "aree idonee" sono definite e modificate da un decreto legge del 2024. Quali sono? Al di là dei terreni “non agricoli” (aree con impianti già attivi, ex cave, siti in bonifica, aree aeroportuali), i pannelli a terra si possono piantare nei seguenti casi: aree a 500 metri di distanza dalle zone industriali/artigianali/commerciali, aree interne agli impianti industriali, aree limitrofe alle autostrade (max 300 metri di distanza)… fino a un comma che identifica come “aree idonee” «le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela (…) né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela». Quasi ovunque. Qui sta il punto su cui si sono concentrate le critiche di alcune Associazioni ambientaliste, di “Salviamo il paesaggio” ma anche di alcune frange politiche.
Davanti a queste richieste, che può fare il Comune? Ha modo di entrare nel merito, limitando le aree o vietando la costruzione? «No, il Comune non ha modo di entrare nel merito»– ci aveva spiegato tempo fa il sindaco Robaldo.