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09 Dicembre 2016 - 14:57
Forse non paga delle ultime fortunate edizioni di Todays, Movement e Club to Club, Torino regala un’altra kermesse di sicuro interesse a tutti i “musicofili” (e perchè no, un motivo di orgoglio a chi nella fremente Torino ci vive o ci studia). Si sta infatti per alzare il sipario su Jazz:Re:Found, una cinque giorni all’insegna di musica, o meglio, della sinergia tra diversi generi musicali, considerata la line-up molto variegata ed eterogenea. E nonostante la defezione all’ultimo (ufficialmente per problemi famigliari) dei De La Soul, anche di primissimo livello: da Grandmaster Flash, icona vivente dell’hip hop e primo artista di questo genere a entrare nella Rock And Roll Hall of Fame, a Gilles Peterson, DJ di fama internazionale e proprietario di un’importante etichetta (Talkin’ Loud), passando per Tony Allen. Il batterista nigeriano ha confermato, durante la sua onorata carriera, quanto non sia effettivamente un luogo comune il talento che si usa attribuire agli africani. Parlo del ritmo nel sangue, ovviamente, e che un certo Brian Eno lo ha addirittura definito “forse il più grande batterista mai vissuto”. Altre esibizioni di sicuro interesse quella di Underground Resistance, movimento nato per le strade di Detroit che esporta un modello di musica totalizzante e, perchè no, salvifica, mescolando hip hop, soul, jazz e techno, e quella dell’enfant prodige Jacob Collier, polistrumentista di assoluto talento (per la conoscenza più approfondita del quale rimando ai molti e molto scenografici video caricati su YouTube dall’artista stesso) che ad appena ventidue anni è già stato insignito dei titoli di “nuovo Messia della musica jazz” (The Guardian) o addirittura “futuro della musica” (Jazzwise). Senza ovviamente dimenticare gli artisti nostrani, come il follemente geniale dj e producer Clap! Clap! o il raffinatissimo Volcov, maestro in consolle; più che degnamente rappresentate anche la vecchia e la nuova scuola rap italiane, rispettivamente dai romani Colle der Fomento e dal torinese Ensi. In buona sostanza ce n’è per tutti i palati.
Si chiude quindi col botto la stagione concertistica (o meglio, se mi si passa il cacofonico termine, “festivalistica”) torinese, e l’auspicio per l’anno prossimo non può che essere una programmazione di livello pari a quella di quest’anno, curata, caleidoscopica, perfettamente al passo coi tempi (se non, qualche volta, anche un passo avanti), ma mai irragionevolmente slegata dalla tradizione. Buona musica.
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