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Il senso di colpa secondo Paolo Virzì

Con "Cinque secondi" il regista livornese ci parla del trauma della perdita e il peso delle responsabilità

Il senso di colpa secondo Paolo Virzì

Cercare il totale isolamento, cambiare abitazione, lasciare il proprio affermato ufficio legale, vivere una condizione dimessa e rinunciare a difendersi da ogni accusa di imputazione di omicidio colposo della figlia, anzi, confessarne le responsabilità. E poi, le accuse ingiuste da parte della famiglia e il giudizio ostile del figlio, da non biasimare, e rapporti, casomai, da riallacciare. È questa la condizione del protagonista Andrea, nell'ultimo film di Paolo Virzì "Cinque secondi": accusato della morte colposa della figlia disabile, si rifugia in un'abitazione appartata e in rovina, un po' per stare lontano dal mondo, e un po' per restare distante da un processo che non pare interessargli. Nel suo animo è già presente un auto condanna, una punizione morale forte almeno quanto quel senso di colpa che grava sopra di lui: per quei cinque secondi che hanno fatto la differenza. Per una scelta presa con un po' di leggerezza ma a fin di bene, per regalare qualche attimo di normalità a una figlia. Prima che una distrazione, un incidente, e il conseguente lo shock e l'incapacità di reagire, durata un'istante, portino via una figlia. Una disattenzione che un padre non si può perdonare, una colpa che non può accettare difese. Il protagonista è alla ricerca di una continua espiazione che pare non avere una fine, un'anima trafitta in un turbamento silenzioso: il senso della perdita sommato alla consapevolezza di una responsabilità venuta meno.
La rinascita passa però attraverso canali imprevisti.
In breve tempo la vita solitaria del protagonista viene "guastata" da una comunità di giovani hippie guidati dalla contessina Matilde, nipote del conte Guelfi ex proprietario della tenuta abbandonata al confine con l'abitazione di Andrea, e che i ragazzi stanno ora occupando abusivamente. Quello che vogliono realizzare assume un significato profondamente metaforico per Andrea; l'intento dei ragazzi è quello di rivitalizzare il vigneto, per produrre del vino, senza estirpare e ripiantare, ma utilizzando quello che può rinascere dai rimasugli delle piantagioni ancora esistenti. Andrea è inizialmente in contrasto con questi invadenti vicini, ma viene gradualmente rapito dalla loro iniziativa, fino ad accettare di difenderli gratuitamente come legale, quando vengono arrestati dalle forze dell'ordine, sotto pressione di possibili acquirenti, e incolpati per occupazione abusiva. Al contempo anch'egli comincia a ricostruire i legami affettivi, senza estirpare e cominciare da zero, ma partendo dai rami ormai secchi e infruttuosi della sua vita. Aiutando il figlio in difficoltà con gli studi: inviando schemi e consigli che lo possano aiutare, nella speranza che lui torni a rivolgergli la parola. E prendendosi anche cura di Matilde in dolce attesa, cercando per trasposizione di offrire una protezione ideale come quella che avrebbe voluto dare alla figlia. Una nuova responsabilità da cui poter ripartire, e un modo per saper convivere con il senso di colpa.
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