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04 Novembre 2025 - 18:03
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Due famiglie imparentate in lite per questioni di vicinato, con denunce reciproche per reati che vanno dal disturbo della quiete alla violenza privata. Proprio per questa fattispecie una coppia, formata da V.M. e R.M. e residente nelle campagne di Margarita, è stata condannata dal giudice Mauro Mazzi a quattro mesi e a un risarcimento danni quantificato in 1.500 euro. Una condanna inflitta a pena sospesa per una sola tra le tre fattispecie di reato per cui marito e moglie, entrambi di nazionalità rumena, erano finiti a processo.
Il 44enne che li ha denunciati, cugino dell’imputato, ha raccontato di dissidi scoppiati poco tempo dopo il suo trasferimento insieme alla famiglia: «All’inizio andava tutto bene, dopo sono cominciati i problemi. Cancelli chiusi con i lucchetti, il cane sempre libero e da solo: dovevamo chiedere a loro se per favore potevamo uscire, quando arrivavano i nostri amici a trovarci aspettavano di entrare fuori dal cancello».
La questione del cane, in particolare, era fonte di ripetuti contrasti. «Le mie figlie avevano paura di uscire quando stava fuori dal recinto» spiega la persona offesa, rievocando in particolare un episodio in cui la bambina più piccola sarebbe stata aggredita: «Un giorno mentre passeggiavano il cane le è saltato addosso, da quel giorno non usciva mai senza di me».
Solo dopo le denunce, ha aggiunto, i motivi di contrasto sarebbero a poco a poco cessati: «Al vicino chiedevo solo di lasciare entrare gli amici e mia figlia ma lui diceva sempre le stesse cose, incominciava a dire parolacce e minacce come “ti ammazzo”». Il pubblico ministero Anna Maria Clemente, che aveva chiesto una condanna a dieci mesi e 15 giorni per marito e moglie, ha ricordato come nel 2022 il datore di lavoro e proprietario di casa delle due famiglie fosse già intervenuto «richiamando tutti i soggetti»: «Il cane ha sempre abbaiato, non solo agli ospiti ma anche disturbando le normali occupazioni delle persone».
Per l’avvocato Matias Conoscente, legale di parte civile, si sarebbero almeno imposte alcune accortezze: «Lo spazio per il cane c’è sempre stato, a trenta metri dall’abitazione». Quanto ai lucchetti, «nulla era stato installato dall’azienda sul cancello ma arbitrariamente imposto dagli imputati, a scapito della libertà personale dell’altra famiglia».
L’avvocato Antonio Vetrone, difensore dei due imputati, ha menzionato una precedente sentenza di assoluzione dall’accusa di disturbo della quiete e obiettato anche riguardo alla presunta pericolosità del cane: «Parliamo di un maremmano di 42 chili, giovane, con una vivacità tipica di quella razza: è corso incontro alla bambina probabilmente perché voleva giocare e restringerlo in uno spazio di dieci metri quadrati forse rientra in un’altra ipotesi di reato. La violenza privata contestata è carente, se consiste nel non aver custodito bene il cane».
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