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L'assunzione di braccianti era una frode, condannati l’agricoltore e i complici dopo otto anni

L’accordo prevedeva l’impiego fittizio di dodici nordafricani in un’azienda agricola. Dopo lo stop in prefettura tutto era finito con un’irruzione in cascina a Chiusa Pesio

L'assunzione di braccianti era una frode, condannati l’agricoltore e i complici dopo otto anni

Immagine didascalica realizzata con il supporto dell'AI

Un agricoltore con l’acqua alla gola, una "proposta indecente" e infine un’irruzione in cascina per chiedere conto all’uomo del mancato rispetto dei patti: c’è tutto questo nella vicenda che ha portato a processo un 58enne italiano, V.D., all’epoca residente a Chiusa Pesio, insieme a sei cittadini marocchini da tempo in Italia.

Dovevano essere loro, in teoria, i beneficiari dell’accordo che avrebbe permesso di far arrivare nel Paese alcuni parenti, approfittando del decreto flussi: c’era chi cercava di ottenere un contratto per il fratello, chi per il figlio. A suggerire all’agricoltore questa soluzione era stato R.E.N., classe 1973, residente a Mondovì: «È lui che, apprese delle gravi difficoltà economiche dell’agricoltore, gli propone di risolverle così» ha sintetizzato il pm Attilio Offman. I due si sarebbero spartiti alcune migliaia di euro, raccolti tra gli altri nordafricani: «L’accordo salta quando si scopre, parlando col commercialista, l’agenzia di pratiche e la prefettura, che queste pratiche non possono andare avanti, nonostante il contratto d’affitto di un terreno stipulato tra V.D. e il vicino». Di lì la richiesta di riavere indietro i soldi, più qualcos’altro: «L’agricoltore ha ammesso di aver ricevuto tra i 4.000 e i 4.500 euro, ma gli veniva chiesto il doppio».

Si era arrivati così all’irruzione a casa del chiusano. «Mi hanno tolto le chiavi di casa e spintonato» ricorda l’uomo, ricostruendo un episodio risalente ormai a otto anni fa: «Mi hanno anche minacciato, dicendomi che se facevo il furbo potevano farmi del male. Erano sette o otto». L’incursione, protrattasi per un’intera mattina, era finita quando il padrone di casa era riuscito a chiamare i Carabinieri. Le chiavi gli erano state restituite, ma nella confusione qualcuno aveva rubato una motosega.

Solo per tre degli imputati si è accertata l’effettiva presenza durante il blitz in cascina: R.E.N. è stato condannato perciò anche per estorsione, insieme ai coimputati A.N. (classe 1969, residente a Torino) e J.F. (classe 1966, residente a Mondovì), a una pena complessiva di cinque anni e 9 mesi più 210mila euro di multa. Ai tre è stato imposto anche di risarcire l’agricoltore, in veste di parte civile, con 20mila euro.

Per gli altri imputati H.K. (classe 1988, residente a Pianfei), A.H. (classe 1973, domiciliato a Torino) e H.M. (classe 1986, residente a Torino), accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la condanna è a cinque anni e 3 mesi con 200mila euro di multa. Al solo V.D. è stata riconosciuta la diminuente per una pena di tre anni di reclusione e 100mila euro di multa.

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