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17 Settembre 2025 - 15:43
I giudici si esprimeranno sul caso il 10 dicembre
Erano d’accordo per assumere alcuni extracomunitari come lavoratori agricoli, approfittando del decreto flussi. Solo che il numero di assunzioni previste – dodici – era esorbitante rispetto alle possibilità dell’ipotetico datore di lavoro, V.D., un agricoltore 58enne all’epoca residente a Chiusa Pesio.
Per questo, dopo vari tira e molla, alcuni "beneficiari" dell’accordo avevano deciso di chiedergliene conto a domicilio. Si tratta di un gruppo di parenti di coloro che sarebbero dovuti arrivare in Italia, tutti marocchini: c’era chi cercava di ottenere un contratto per il fratello, chi per il figlio. Sei di loro ora sono accusati di estorsione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Reato, quest’ultimo, per cui è imputato anche l’agricoltore, parte offesa della presunta estorsione.
«Mi hanno tolto le chiavi di casa e spintonato» ricorda l’uomo, ricostruendo un episodio risalente ormai a otto anni fa: «Mi hanno anche minacciato, dicendomi che se facevo il furbo potevano farmi del male. Erano sette o otto». Il sostituto procuratore Attilio Offman la descrive come «un’invasione abbastanza inquietante, tanto più perché si pretende che V.D. salisse in auto con loro "per andare dal commercialista": ma era sabato». L’incursione, protrattasi per un’intera mattina, era finita quando il padrone di casa era riuscito a chiamare i Carabinieri. Le chiavi gli erano state restituite, ma nella confusione qualcuno aveva rubato una motosega.
Secondo l’ipotesi dell’accusa, all’origine dell’accordo ci sarebbe stata la proposta di uno dei marocchini, R.E.N., classe 1973, residente a Mondovì: «È lui che, apprese delle gravi difficoltà economiche dell’agricoltore, gli propone di risolverle così». I due si sarebbero spartiti alcune migliaia di euro, raccolti tra gli altri nordafricani: «L’accordo salta quando si scopre, parlando col commercialista, l’agenzia di pratiche e la prefettura, che queste pratiche non possono andare avanti, nonostante il contratto d’affitto di un terreno stipulato tra V.D. e il vicino». Di lì la richiesta di riavere indietro i soldi, più qualcos’altro: «L’agricoltore ha ammesso di aver ricevuto tra i 4.000 e i 4.500 euro, ma gli veniva chiesto il doppio».
Solo per tre degli imputati si è accertata l’effettiva presenza durante l’irruzione in cascina: per loro l’accusa ha chiesto cinque anni e 8.000 euro di multa. Resta invece per tutti l’accusa di favoreggiamento, per cui si richiedono quattro anni e 10.000 euro di multa per ciascuna posizione "agevolata". Nei confronti del solo V.D., valutando la collaborazione alle indagini, la richiesta è di due anni e 5.000 euro di multa.
La difesa dell’agricoltore ha sostenuto che almeno in una prima fase l’accordo fosse lecito: «Avrebbe dovuto fermare le pratiche, ma la paura lo ha bloccato». I coimputati negano tutti di aver agito con intento estorsivo: una ragazza venuta da Torino, che cercava di far assumere il fratello, afferma tra l’altro di non aver mai versato soldi per ottenere il contratto di lavoro. «È di fatto stata vittima di un raggiro posto in essere da altri soggetti» sostiene il suo legale. I giudici si esprimeranno sul caso il 10 dicembre.
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