Il suo nome abbiamo imparato un po’ a conoscerlo, associato a tornei in giro per tutto il continente. Qualche settimana fa era a Cipro, prima ancora aveva mietuto successi a Doboj, Maribor e Padova. E tra poco partirà per Verbier, nel canton Vallese svizzero, poi ancora Austria, Polonia, Germania, Repubblica Ceca e Serbia. A soli 17 anni, Lorenzo Comino (monregalese) di posti ne ha già visti parecchi. Sempre con la racchetta da tennis a far da fedele compagna di viaggio e quel talento che lo ha portato presto a scalare la graduatoria mondiale. Fino, ma solo per il momento, a ridosso della 400esima posizione nel ranking internazionale Junior ITF. Tra un allenamento e l’altro lo abbiamo raggiunto telefonicamente, per farci raccontare la sua avventura nel grande mondo del tennis.
Ciao Lorenzo, la tua carriera è ancora tutta in divenire. Ma torniamo per un attimo all’inizio: a che età hai preso per la prima volta in mano la racchetta?
Avevo due anni e fu grazie a mio nonno Ercole, grande appassionato di tennis. Mi ricordo anche il posto: eravamo sul campo di Viola. A quattro anni poi ho cominciato a prendere le prime lezioni a Mondovì.
Ora dove ti alleni?
Al Best Point di Caramagna e sono tesserato per lo Sporting Club Selva Alta di Vigevano. Ho avuto modo nel corso degli anni di conoscere diversi maestri, qui sono seguito tra gli altri da Paolo Calvi, con cui mi trovavo già molto bene al Circolo della Stampa di Torino.
Da Mondovì fai avanti e indietro tutti i giorni?
Ci vado in treno o mi portano in auto. In periodo scolastico mi alleno circa tre ore al giorno, ora invece faccio due sessioni, sia al mattino che al pomeriggio, inclusa la parte atletica.
Che scuola frequenti?
Ho finito il quarto anno al Liceo Scientifico di Mondovì, il corso tradizionale. Ci tengo a ringraziare i miei prof che mi hanno sempre fornito un grande supporto senza rinunciare talvolta a svolgere lavoro extra per adeguarsi ai miei impegni.
A quanti anni hai cominciato a gareggiare all’estero?
Sono sempre stato costante, ho debuttato a livello internazionale a 12-13 anni. Ormai già da un po’ mi dedico solo più a questo. La prima volta in assoluto fu a Kufstein, in Austria, con la Federazione. Ero il più piccolo del gruppo e ho avuto modo di confrontarmi per la prima volta con gente che giocava a un livello che non avevo ancora mai visto. Ho imparato davvero molto.
Ora cos’è cambiato?
Le prime volte era un po’ una vacanza con i miei genitori, giocavo nel tempo libero e visitavamo le varie località. Adesso dedico praticamente tutto il tempo del viaggio al tennis tra allenamenti, gare, defaticante, alimentazione, analisi del post match.
“Io odio il tennis” è la famosa e provocatoria citazione del campione Agassi. Ti rispecchia in qualche modo?
No, per me il tennis è una passione, lo faccio per divertimento anche se capisco che si sta avviando sempre di più verso una professione. Certo è uno sport che può essere molto frustante: puoi fare più punti dell’avversario, ma perdere il match. Basta un momento di disattenzione o un colpo di sfortuna.
A chi ti ispiri?
Fino a due anni fa avrei detto Nadal. Ora guardo all’altro spagnolo, Alcaraz. Per gli italiani è un momento molto bello, ci sono tanti emergenti. Di Sinner mi piace molto la sua voglia di migliorare al di là del risultato. Non è da tutti.
Che tipo di giocatore sei?
Sicuramente molto fisico, non mi danno fastidio le partite lunghe e ho un buon servizio. Penso che dovrei perfezionare un po’ invece il gioco al volo e sotto rete ed essere, in generale, più costante.
Guardando al tuo futuro (ancora tutto da scrivere), cosa ti auguri?
Di migliorarmi ancora, anche se l’anno prossimo ci sarà la Maturità e non sarà facile. Punto a un torneo dello Slam giovanile. E voglio poi aggiungere una cosa: un grazie a tutti i miei amici di Mondovì che sono di grande aiuto quando c’è anche solo bisogno di un pizzico di divertimento e leggerezza.
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