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Una notte con Roby dei Pooh: racconti, canzoni e l'incontro speciale con Sofia Raffaeli

Il tastierista e compositore, leggenda della musica italiana, si racconta a Marino Bartoletti, alla Castagna d'oro di Frabosa Sottana. «I Pooh sono stati una lezione di vita»

Pooh

Come è consuetudine da diverse edizioni, il sabato sera del Galà della Castagna d'oro di Frabosa Sottana è stato dedicato al mondo dello spettacolo: Roby Facchinetti, voce e tastiere dei Pooh, una delle più longeve band italiane, si è raccontato a Marino Bartoletti e alla platea, a partire dal suo ultimo libro “Che spettacolo è la vita” edito da Sperling & Kupfer, dove ripercorre la sua parabola umana e professionale. Nonostante l’assenza di strumenti sul palco, non è mancato qualche momento musicale… Anche se più che Roby ha cantato il pubblico, sfidato da Bartoletti a proseguire le canzoni accennate dal compositore.

Roby ha ripercorso la sua infanzia, la nascita della sua passione per la musica ascoltando i dischi di musica classica della madre, poi l'approccio con il primo strumento, la fisarmonica, e la militanza in un'orchestra di questi strumenti dove ha l'occasione di imparare e suonare alcune tra le pagine più note della musica classica e operistica.

Facchinetti tratteggia l'infanzia nel paese di provincia, la sua Astino, dove fa il chierichetto e ricorda la sua famiglia. La madre, appassionata di musica, il padre Giuseppe, falegname per passione, il nonno Noè, anche lui musicista e compositore.

Poi gli “Anni senza fiato” con la band che ha fatto la storia, il talento del compianto Stefano d’Orazio come manager ma anche come innovatore, data la sua amicizia con Carlo Rambaldi a Cinecittà che lo aveva fatto appassionare agli effetti speciali. «Ha fatto tantissimo per noi – ha ricordato – è diventato uno straordinario autore, ha scritto poesie e grandi successi. Aveva in sè un formidabile senso dell'organizzazione e dello spettacolo. Era affascinato dagli effetti speciali e ha portato nel nostro mondo tante novità che ci hanno reso degli innovatori nel campo dei concerti. Abbiamo fatto anche dei tour assolutamente fuori budget, è capitato anche di fare concerti nei palazzetti o negli stadi davanti a 20-30.000 persone e poi dover mettere mano al portafoglio. Le novità costano e noi avevamo un unico motto: se nella vita ti piace veramente qualcosa non chiederti quanto costa: in quel caso non lo farai mai. Però è stato determinante nel consentirci di durare fino ad oggi».

E poi il poeta, Valerio Negrini, perfetto contraltare nel “vestire” di versi le sue composizioni: «Valerio Negrini decise di lasciare la band perchè non amava certi risvolti del successo, le regole e la vita in una band. Eppure è rimasto sempre con noi. Ha girato il mondo ed è stata la nostra fortuna, perché le esperienze che ha fatto sono finite nelle canzoni. Per noi è sempre stato il 5º Pooh».

«Sapete qual è la canzone più famosa dei Pooh? – ha svelato Roby – È "Piccola Katy". I ragazzi, i bambini non conoscono magari Uomini soli o altri pezzi. Ma Piccola Katy la cantano all'asilo, magari la cantava la mamma per farli addormentare. E la conoscono».

Alla domanda di Bartoletti su quale sia stata la ricetta per una così durevole intesa con gli altri membri del gruppo, Facchinetti ha risposto: «Siamo durati tanto insieme anche perchè ciascuno di noi aveva un compito e un ruolo preciso all'interno della band. Le altre spesso avevano un capo carismatico, e gli altri tre stavano nell'ombra. Quando le cose iniziano a non andare bene nascono gli squilibri. Poi abbiamo con il tempo perfezionato una serie di alchimie tra di noi. Non è facile essere parte di una società: bisogna sempre avere la sensibilità di capire che quando uno mette un'idea sul tavolo quell'idea non è più la propria ma diventa del gruppo. I Pooh sono stati una lezione di vita straordinaria: ascoltare sempre il pensiero degli altri, cercare di capirlo. Stare insieme trenta, quaranta, cinquant'anni fa sì che gli altri ti conoscano meglio di te stesso. Si discute, perché il rapporto è vivo, ma tenendo sempre presente che la squadra è la cosa più importante». 

Circa il ritorno sui palchi dopo l'addio del 2016, ha ricordato: «È stato merito dei nostri figli Francesco e Daniele che hanno insistito molto. Amadeus ci aveva voluto a Sanremo nel 2023, così avevamo accettato di andare ospiti. Dopo quell'apparizione si sono scatenati tutti. I manager ci hanno proposto di fare un concerto a San Siro, perché c'era grande richiesta. "Lo dovete al vostro pubblico, vi vogliono". Noi eravamo rimasti alla reunion del 2016, eravamo titubanti. Aperte le prevendite in meno di una giornata 35.000 biglietti sono stati venduti. Siamo rimasti increduli. Invece di un concerto sono diventati due e poi è accaduto quello che è accaduto in seguito. Negli anni Sessanta in media una band durava tre anni, massimo cinque. Andare verso il sessantennale è davvero straordinario».

Su Parsifal, capolavoro del 1973, «Fu per Valerio una folgorazione, ebbe lui l'idea di rifarsi a Wagner. All'epoca avevamo voglia di uscire dagli schemi della canzone tradizionale, era anche l'epoca del prog che proponeva brani estrosi, da 8,10 minuti e anche di più. Avevo composto una suite: la feci ascoltare a Valerio e lui disse: "Vorrei parlare di Parsifal". Gli dissi "Ma Valerio, abbiamo fatto Piccola Katy,Pensiero, Noi due nel mondo e nell'anima... e tu vuoi fare Parsifal?". Però ha avuto ragione lui ed è stata un'intuizione geniale. Quel brano a livello professionale fu una svolta, dimostrò che potevamo dare sfaccettature diverse alla nostra musica».

Una fascinazione per la leggenda di Parsifal che non ha mai lasciato Facchinetti, tanto che nel 2024 è uscita un'opera completa, scritta con Valerio Negrini prima (fece in tempo a completare due testi, prima della sua scomparsa) e Stefano d'Orazio poi, nella quale Facchinetti ha messo in musica l'intera leggenda del cavaliere senza macchia.

Momento particolarmente significativo, il compositore ha ricordato il dramma del Covid che ha colpito duramente Bergamo e il successo di “Rinascerò, rinascerai”: «"Rinascerò Rinascerai" nasce dalla volontà di fare qualcosa per la mia città. Bergamo è stata colpita fortemente dal Covid 19, sono state delle settimane durissime, si sentivano ad ogni ora del giorno e della notte i suoni delle ambulanze, che si stagliavano su un silenzio irreale. Ero chiuso in casa, come tutti e non sapevo cosa fare. Il mio telefono squillava continuamente e spesso per comunicarmi tragiche notizie. Ho perso sette persone della mia famiglia, due collaboratori, due amici di famiglia. In Val Seriana alcune famiglie sono state cancellate, l'Eco di Bergamo era passato da 2 pagine di necrologi a 15 pagine. La melodia è nata quasi inconsapevolmente, mentre ero al pianoforte. Le cose autentiche, che hanno un'anima speciale, nascono dall'ispirazione quando è sentita e profonda. Da lì capisco che ho per le mani qualcosa di speciale. Ho telefonato a Stefano d'Orazio e lui ha accettato di fare il testo. Me lo lesse al telefono: alla seconda strofa avevo capito che era entrato perfettamente in sintonia con il brano, un inno alla vita. La incidemmo in cinque giorni. Messo in rete, dopo poche ore ha raggiunto tutto il mondo».

Al culmine della serata, l'incontro a sorpresa con Sofia Raffaeli, campionessa del mondo di ginnastica ritmica, di cui Facchinetti è un grandissimo ammiratore, tanto da averle dedicato anche un post sui social. Il cantante si è detto affascinato dalla dedizione e dalla serietà della ragazza, nonostante la giovane età.

«Sofia per me è diventata quasi familiare – ha detto Roby alla giovane atleta –, la seguo con grande passione. Ho capito cosa sia per te la ginnastica ritmica, cosa rappresenta e qual è la passione che ci metti dentro. Questi risultati se no sarebbero lontani chilometri. Questo me lo trasmetti ed è un grandissimo dono al di là di quello che fai, si capisce che questi risultati sono frutto di rinunce molto forti».

«È un grande onore ricevere questi complimenti, io sono una ragazza molto semplice. Per me è un mondo molto piccolo, la ginnastica ritmica si vive unicamente per trasmettere quello che sappiamo fare. Ricevere questi riscontri dall'esterno, da personaggi come te è qualcosa di unico» la replica della ginnasta, che si è prestata a un selfie con Bartoletti e Facchinetti, mentre tutto il palazzetto intonava affettuosamente "Piccola Sofy".

Al termine, dell’emozionante chiacchierata, Facchinetti si è concesso generosamente al pubblico per foto e autografi.

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