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Avs critica sul bando neve: «Cifra monstre per impianti che avranno vita breve»

Nota critica di Giulia Marro, Alice Ravinale e Valentina Cera sugli esiti del bando neve: «Si tagliano i servizi e aumentano l'Irpef per dare fondi a impianti che il cambiamento climatico renderà inutilizzabili» «Serve una strategia di lungo periodo e diversificazione»

Avs critica sul bando neve: «»

Da sinistra, le consigliere AVS Alice Ravinale, Valentina Cera e Giulia Marro

Presso il palazzo della Regione Piemonte nella mattinata di mercoledì 3 dicembre è stato presentato in conferenza stampa dal presidente Alberto Cirio, insieme agli assessori Gallo e Bongioanni, l'esito del Bando Neve: un provvedimento con cui l'ente ha stanziato ben 50 milioni da erogare alle stazioni sciistiche piemontesi, per ammodernare gli impianti o per potenziare i comprensori e le strumentazioni. Gran parte delle domande e dei progetti riguardavano lo sci da discesa, con la partecipazione di 4 macrostazioni e 46 piccole stazioni sciistiche.

Un provvedimento che ha raccolto la voce critica del gruppo AVS in Consiglio regionale, formato da Giulia Marro, Alice Ravinale e Valentina Cera, che hanno diramato una nota per esprimere il proprio punto di vista. «Mancano le risorse sulle prestazioni sociali, si aumentano le tasse e poi si impegna una simile somma per impianti che avranno vita breve per via del cambiamento climatico» in estrema sintesi la posizione delle consigliere.

«Il bando fa capire da che parte sta la Giunta»

«Nulla come il Bando Neve – scrivono – chiarisce da che parte sta la Giunta Cirio: continuano a dire che mancano le risorse per tutte le prestazioni sociali, aumentano l’IRPEF ai ceti medi e poi impegnano la somma monstre di 50 milioni di Euro del FSC per investire su impianti che, a fronte del cambiamento climatico, avranno necessariamente vita breve.

Ricordiamo che il Fondo per lo sviluppo e la coesione è, da definizione ufficiale, “lo strumento finanziario nazionale principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali”. Come è possibile che la Giunta abbia deciso di utilizzarlo per lo sci mentre, per prendere solo il caso più recente, mancano i soldi per ristrutturare le case popolari al punto di arrivare alla Legge Marrone che riduce il patrimonio di alloggi a disposizione delle graduatorie? O mancano i soldi per pagare le rette alle persone anziane non autosufficienti in lista d’attesa da mesi e su cui gravano gli interi costi delle RSA?

Attendiamo di ottenere i documenti relativi all’esito del bando per verificare i progetti aggiudicatari, con particolare attenzione agli impianti a bassa quota. Nel Cuneese, ad esempio, la scorsa stagione località come Prato Nevoso hanno potuto garantire l’apertura soltanto grazie a un utilizzo pressoché continuo dei cannoni sparaneve per compensare l’assenza di precipitazioni: un modello che richiede grandi quantità di acqua ed energia e che diventa ogni anno più instabile e costoso. Ed è proprio il Cuneese a risultare destinatario della maggior parte dei finanziamenti del bando: una scelta che potrebbe anche essere positiva se in parallelo non si tagliassero risorse essenziali ad altri settori, dalla casa alle politiche sociali.

E che questo approccio sia ormai fuori tempo massimo lo dice la stessa ARPA Piemonte: l’inverno 2024-25 sull’arco alpino piemontese ha registrato un deficit di neve fresca tra il -20% e il -40% rispetto alla media trentennale 1991-2020. Una stagione che si colloca al quarto posto per carenza di neve fresca dal 1961. Dati che confermano un trend strutturale e che rendono ancora più incomprensibile la scelta di destinare risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione a impianti che, in molte località a bassa quota, stanno già diventando economicamente e climaticamente insostenibili.

Una scelta che diventa ancora più difficile da comprendere se si considera che proprio il Cuneese è l’area che ha ricevuto la quota maggiore dei finanziamenti del bando: un investimento rilevante, ma che rischia di essere controbilanciato dai tagli in settori essenziali come casa, sanità e politiche sociali. Senza una strategia di lungo periodo per l’adattamento climatico e la diversificazione economica delle nostre montagne, questi interventi rischiano di rimanere opere costose e a rendimento decrescente».

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