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23 Dicembre 2025 - 05:14
Torna il Presepe di Prea il 24 e 26 dicembre ed il 5 gennaio, con i suoi antichi mestieri ed i cibi di una volta, ma pochi sanno che inizialmente quella che ormai si è imposta come una ricostruzione storica dei lavori di un tempo aveva obiettivi ben diversi.
A raccontarli sono Adriana Basso e Riccardo Somà, figuranti all'interno del presepe fin dalla sua prima edizione. Adriana, dopo una vita passata a fare la cuciniera, è passata negli ultimi anni a filare la lana. Riccardo, invece, dopo un pellegrinaggio tra vari mestieri è ora il cambusiere dei boscaioli.
«Non era nato com'è adesso. - spiega Adriana - Prima in realtà non si faceva il presepe, ma i ragazzi facevano l'offertorio a Natale.» «Tutto era nato, - continua Riccardo - da quest'antica tradizione dell'offertorio. Da sempre a Prea all'offertorio della notte di Natale c'era questa sfilata dei ragazzi d'allora vestiti da pastore. E si offrivano al Gesù Bambino i doni, con la sfilata aperta dal pastorello che portava in groppa l'agnello, che erano i prodotti della montagna».
Sulla scia della nascita di tanti altri presepi viventi che videro la luce in quegli anni, anche Prea provò a cimentarsi, dandosi come obiettivo quello di ricreare una Betlemme nella frazione: «C'era qui un'associazione che d'estate organizzava le feste e voleva fare qualcosa anche in inverno - continua Riccardo - ed era nata così l'idea di ricreare una Betlemme, con Erode, le guardie romane e i re Magi. Per qualche anno si fece così e l'intenzione era dare a tutti i raffiguranti vestiti e armi dell'antica Betlemme. Venendo a mancare le risorse, alla fine si optò per recuperare i vecchi vestiti e nel tempo è risultata una formula vincente».
Proprio questo riproporre gli antichi mestieri, infatti, ha reso il presepe di Prea diverso da altri presepi del circondario, con visitatori anche da altre regioni d'Italia che vengono a visitarlo: «I primi tempi venivano a visitarlo soprattutto persone dei comuni limitrofi e il presepe prendeva solo via Gasdio, dalla piazza della posta alla chiesa. Pian piano, con la maggior affluenza dei visitatori si è ampliato e quando don Curetti iniziò a tirare un po' le fila dell'organizzazione si decise di fare un percorso unico. La gente iniziò ad arrivare da tutta la provincia di Cuneo, ma anche dalla Francia e dalla Liguria».
Anche i mestieri si evolsero con il tempo, così come la loro rappresentazione: «Inizialmente c'erano circa dieci o quindici mestieri, e non erano interpretati come uno li vede adesso: erano figure statiche. C'era la rappresentazione della cuciniera, per esempio, ma senza che si cucinasse. Col tempo venne fuori anche l'idea di ricreare un ambiente che fosse quanto più veritiero e trasportasse il visitatore all'indietro nel tempo».
In 43 anni di presepe gli aneddoti sono innumerevoli, tanto che ogni mestiere ha il suo, e tra quelli che Riccardo e Adriana ricordano c'è la volta, quando ancora c'era don Curetti, che nevicò fino alle tre di pomeriggio: «Erano gli anni di maggiore affluenza, tanto che dovevamo contingentare i passaggi perché si creavano gli ingorghi. Solo che c'erano 80 o 90 centimetri di neve ed avevamo deciso di non farlo. Don Curetti si era intestardito e diceva "tanto riusciamo a farlo, tanto smette di nevicare". In quei tempi non c'erano le previsioni meteo affidabili, ma nel pomeriggio aveva smesso di nevicare ed eravamo tutti usciti a spalare la neve. Abbiamo ripulito tutte le strade e alla fine era stato un successone». «E con la neve rende di più». Conclude Adriana.
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