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12 Febbraio 2015 - 21:29
Prodotto di culto nato in seno a uno spin-off del collettivo Truceklan (Roma); il gruppo si chiama In the Panchine e così anche il disco, album che nel suo supporto fisico risulta ormai introvabile: anche la madre del Chicoria, proprietaria di un negozio che vende materiale marchiato “Truceklan” dalle parti del Vaticano, ne è sfornita. Tutto finito, andato. La grafica usata si potrebbe definire esteticamente imbarazzante: la copertina ritrae i componenti del gruppo, G-Mellow, Benassa, Cole e Chicoria, rappresentati con una testa di dimensioni enormi, atteggiati a rapper americani. In quanto raccontato sin qui, poco di nuovo; discorso diverso invece per i contenuti, che sono invece qualcosa di eccezionale, sia per forma che per contenuto. Primo elemento di rilievo, il lessico, che è un ibrido: i brani sono cantati con l’uso di un italiano sporco e contaminato di romanismi, mischiato a un inglese maccheronico con cui i rapper si atteggiano ironicamente a rapper americani (“with pretesto, droga pesante come antipasto”); usano la lingua estera per sintetizzare i concetti, per riempire di contenuti, per infarcire le rime di citazioni (we are mafiosi in this jungle you a’re lost / Cole, Fulci sodoma ghost / I wanna be a rockstar / I wanna be a crackstar / I wanna be, ITP ti devasta). A parte l’originalità indiscussa nel lessico (solo Chicoria non usa l’inglese, cantando in italiano ma con pesanti errori e imperfezioni volute, per aumentare quell’attitudine hardcore che contraddistingue i lavori del Truceklan), i contenuti sono pieni di citazioni filmiche, tante e tali da alimentare la curiosità dei cinefili in ascolto (“registi: Lucio Fulci, Mario Bava e Umberto Lenzi, like seven black spiders: orrendi”); incontriamo poi nel disco la Roma orbitante attorno alla Crew, così come i personaggi dello spettacolo di riferimento, all’epoca, per i rapper stessi. Quella di In The Panchine è una descrizione dettagliata della “subcultura” urbana a cui i rapper appartengono, al tempo coinvolti in storie anche “losche”, di disagio, di abuso e caos, visionata attraverso una lente cinematografica, iperrealista. Le produzioni anni ‘90, semplici, ma potenti e coinvolgenti (per esempio le basi di Gemelloooo o di Mr. G. sono stupende), fanno sì che l’ascolto possa essere ripetuto centinaia di volte e non essere mai completamente esaurito.
Missioni nel Tubo: Deadly Combination,
13 pm, Stolen Car e Never Do The Spia.
Il Voto: 8,5.
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