ultime notizie
02 Ottobre 2025 - 08:18
"Ma dammi indietro la mia Seicento. I miei vent'anni ed una ragazza che tu sai. Milano scusa, stavo scherzando. Luci a San Siro non ne accenderanno più". Così cantava Roberto Vecchioni nel 1971 in un dei brani più ricordati della sua carriera, regalandoci uno spaccato di gioventù, nostalgia e metafore. Non è il solo tra i grandi cantautori ad aver declamato il calcio o scritto inni sportivi, intrecciando vissuti, senso di appartenenza, poesie e rivalità. Ma a breve quelle luci a San Siro non si accenderanno veramente più: in questi giorni è arrivata infatti la conferma che il progetto per il nuovo stadio milanese, utilizzato da Milan e Inter, prevederà prima la vendita e poi l'abbattimento dello storico impianto della città della "Madunina" intitolato a Giuseppe Meazza, in piedi dal 1926. Non è la fine del mondo ma è la fine di un piccolo mondo. Praticamente ogni stadio storico in giro per il mondo è stato abbattuto, rifatto o pesantemente restaurato. San Siro andrà a tenere compagnia alle vecchie versioni di "Wembley" e "Maracana" finiti dove giocano gli angeli. Si guarda al progresso delle cattedrali laiche per il calcio come adeguamento alla modernità e a dei criteri che oggi non possono essere ignorati. Ma al contempo vive un sentimento di grande malinconia, per qualcosa che ha significato, nella freddezza di una struttura moderna, qualcosa, per chi si è trovato ad essere lì. Albert Camus diceva: "Non c' è altro posto al mondo dove un uomo è più felice che in uno stadio di calcio", si può serenamente obbiettare su quanto detto dallo scrittore di Mondovì (non la nostra ma quella algerina), in quanto le tribune sono state anche oggetto di eventi incresciosi e disumane tragedie, o perchè,meno drammaticamente, non si è semplicemente amanti del pallone. Tuttavia in molti affermano che lo stadio a un fascino in sé, indipendentemente da quello che ci avviene dentro, sport o concerto, e che anzi sia meglio entrarci quando non c'è ancora nessuno, nel silenzio delle gradinate, spoglio di lustrini e colori. Un gigante addormentato nel giorno prima del Dì di festa.
Siamo lontani da costruzioni che abbelliscono la città ma la gente si abitua e un po' alla fine si affeziona.
Lo farà anche per i nuovi impianti, modernissimi e pieni di cose nuove dentro, che a noi, già un po' datati, appaiono anonimi e lontani dall'ospitare la rude competizione sportiva. Siamo stati troppo abituati a riconoscere i luoghi teatro di partite dalla forma dello stadio, da qualche dettaglio in lontananza come la Basilica di San Luca dietro lo Stadio Dall'Ara di Bologna, al cui interno si sfidavano i rosso-blu contro bianco-neri o i nero-azzuri, con le vere casacche dai colori storici di rappresentanza, non quelle di tutt'altre tinte tirate fuori oggi per battere cassa.
Lo stadio visto come piccolo vanto nazionale, da offrire come cartolina al mondo quando i mondiali venivano da noi nel 1990, e mostravamo con le clip e le riprese TV dall'elicottero la nostra abilità nell'amalgamare modernità e bellezze artistiche vanto delle nostre città. Si parlerà di occasione mancata, di sprechi nell'aver realizzato o ammodernato stadi che sono ora da buttare. Tuttavia, nel modo di presentare l'immagine estetica di questi moderni Colossei ci hanno copiato.
Personalmente trovavo il momento della presentazione degli stadi negli svariati videogiochi sul calcio di fine anni 90 il momento più bello del gioco: qualche immagine del contesto folcloristico del luogo, e poi la ripresa a volo d'uccello, nella ricostruzione grafica perfetta dello stadio, musica ed effetti tutto compreso, per entrare in "clima partita".
Ora abbiamo delle arene perfette per fruire la visione del gioco ma che non ci dicono null'altro; possiamo trovarci a Londra come in Qatar non ce ne accorgeremmo, come non riusciremmo a capire se quelli vestiti di verde che corrono in campo nelle partite del presente, sono la Juve, il Toro o l'Avellino.
Noi che viviamo latitudini lontane dal calcio dei ricchi ci possiamo ritenere fortunati, almeno di una piccola cosa; tra tutte le fatiche di gestione, di manutenzione che richiedono i nostri impianti di zona, possiamo però goderci una partita con sullo sfondo della vista della basilica del Vittozzi, oppure le punte della Bisalta, della collina di Piazza e delle Langhe monregalesi. Nello stesso modo in cui le vedevano quelli venuti lì, prima di noi, a dare due calci al pallone. Almeno queste luci si accenderanno ancora.
Edicola digitale
Versione web de L'"Unione Monregalese", settimanale cattolico di informazione, notizie ed opinioni di Mondovì. Iscr. n°8 Reg. Canc. Trib. di Mondovì del 05-04-1951.
Direttore Responsabile Corrado Avagnina.
Edito da CEM - Cooperativa Editrice Monregalese Piazza S. Maria Maggiore, 6 - 12084 Mondovì - Tel. 0174 552900 - P.Iva: 01654260049
Registro delle Imprese di Cuneo n. 01654260049
Albo Società Cooperative n. A118893
Capitale Sociale € 25.768,00 i.v.
L’Unione Monregalese percepisce i contributi pubblici all’editoria. Tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Amministrazione trasparente: pubblicazione dei contributi pubblici, importo lordo contributo editoria anno 2022 euro 363.048,48 come da decreto della Presidenza Consiglio Ministri del 5.12.23
Oltre a quanto evidenziato in Nota Integrativa si evidenzia che gli aiuti di Stato e gli aiuti de minimis ricevuti dalla società sono contenuti nel Registro nazionale degli aiuti di stato di cui all'art. 52 della L. 234/2012 a cui si rinvia e consultabile a questo link