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Il giorno in cui il passato entrò nello studio dei Pink Floyd: a 50 anni da "Wish you were here"

Il canale ufficiale dei Pink Floyd celebra questo weekend l'album capolavoro con una diretta non stop: alla scoperta del disco per cui incise anche il celebre violinista Grappelli

Il giorno in cui un fantasma entrò nello studio dei Pink Floyd: cinquant'anni dopo l'incisione di Wish you were here

Il canale You Tube ufficiale dei Pink Floyd ha inaugurato in queste ore una diretta non stop che durerà per tutto il weekend: in trasmissione libera i brani e contenuti speciali legati all'album "Wish You Were Here" che nel 2025 compie 50 anni e di cui è recentemente uscita un'edizione speciale, proprio per festeggiare questo cinquantenario.

Se non può vantare i numeri record di The Dark Side Of The Moon, Wish You Were Here resta comunque un punto di snodo chiave nella carriera dei Pink Floyd, decisivo nel forgiare la carriera del gruppo inglese.

Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Rick Wright nel 1975 sono il complesso musicale del momento, quello che ha azzeccato il disco della vita. Le vendite record di Dark Side of the Moon pesano come un macigno su di loro, attesi al varco con il seguito di un album irripetibile. Le idee però scarseggiano e le giornate in studio non restituiscono spunti significativi.

Wish You Were Here viene composto in tour: secondo una prassi consolidata, i Pink Floyd spesso incidevano su album i materiali dopo averli a lungo rodati in studio. Qui stanno vagliando la suite "Raving and drooling" e "You Gotta be Crazy" che in realtà troverà spazio sul successivo "Animals". Tra le altre cose, c'è però un brano abbozzato, che si intitola "Shine on you crazy diamond". Quel brano diventerà uno dei celebri della discografia dei Pink Floyd.

Si tratta di una riflessione di Roger Waters a partire da una dolorosa vicenda autobiografica che aveva riguardato la storia del gruppo: l'alienazione che aveva colpito Syd Barret, primo leader dei Pink Floyd, autore decisivo per l'album "The pipers at the gates of dawn". Barrett non riuscì a reggere le pressioni dell'industria musicale, anche a causa dell'uso massiccio di Lsd. I suoi comportamenti divenuti imprevedibili costrinsero la band a rinunciare a lui. 

Così tutto l'album si imperniò sul concetto dell'assenza e sulla critica all'industria musicale. La suite (il brano più lungo della discografia dei Floyd se considerato nella sua intierezza) fu spezzato in due e in mezzo furono inseriti altri tre brani:  Welcome to the Machine, Have a cigar e Wish You Were Here, la track che avrebbe dato il titolo all'album. "Shine on you crazy diamond" segnò profondamente la discografia dei Pink Floyd, divenendo spesso il brano di apertura dei loro concerti (ad esempio, negli ultimi dischi dal vivo "The delicate sound of thunder" e "Pulse", che immortalano i tour promozionali degli album "A momentary lapse of reason" e "The division bell". Le quattro note di chitarra, che seguono le prime due improvvisazioni divennero un marchio di fabbrica inossidabile della band e del chitarrismo di David Gilmour. Wish you were here, presa singolarmente, è tutt'ora forse il brano più popolare dei Pink Floyd.

Dal punto di vista musicale il brano fa tesoro dell'esperienza di The Dark side of the moon, con l'inserimento di rumori e registrazioni e un flusso continuo, che trasporta da un brano all'altro (è rimasto celebre, ad esempio, il passaggio in cui si sente il citofono dello studio di Abbey Road, ripreso anche da Elio e le storie tese nel brano "La follia della donna pt. 1", o i suoni della radio che aprono la title track).

Wish You Were Here non convinse subito la critica, ma è uno degli album dei Floyd che venne apprezzato soprattutto alla lunga distanza. Contribuì a consolidare la sua leggenda anche la cover, firmata Hipgnosis, autrice delle grandi copertine della band e di altri grandi nomi del rock. L'immagine dell'uomo in fiamme che stringe la mano all'altro è diventata un simbolo immortale.

Tra le curiosità più significative da scoprire in relazione a WYWH c'è sicuramente il cameo fantasma di Stephane Grappelli. Leggendario violinista jazz, storica spalla di Django Reinhardt, registrò in studio una parte che doveva comparire in Wish you were here, ma poi nel mix finale rimase sostanzialmente impercettibile. Solo una recente rimasterizzazione ha consentito di riscoprire quel passaggio.

Infine, in fase di missaggio di Shine on you crazy diamond, i Pink Floyd videro entrare nello studio un omone sconosciuto. Dopo alcuni istanti di sconcerto, riconobbero il vecchio amico Syd Barrett, avendo modo di fargli ascoltare la resa del brano. Un momento circondato a lungo da un alone di leggenda. In qualche modo, come spesso accade nella vicenda dei Pink Floyd, il destino aveva voluto chiudere il cerchio, in modo misterioso.

Anche nell'ultimo leggendario set, nel 2005 al Live 8, il momento chiave dell'emozionantissimo set fu proprio Wish you were here, introdotta da Roger Waters con un omaggio a Syd Barrett. Solo un anno dopo, Barrett avrebbe concluso la sua esistenza terrena. Dopo aver lasciato il mondo della musica, non aveva più effettuato apparizioni pubbliche ed aveva vissuto nell'ombra fino ai suoi ultimi giorni.

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