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Maestri della stroncatura... Dal compianto Fofi ad Aristarco Scannabue

Maestri della stroncatura... Dal compianto Fofi ad Aristarco Scannabue

Recentemente è mancato Goffredo Fofi, acclamato intellettuale italiano, decano soprattutto di una sinistra radicale e, anche nei necrologi, ammirato per la sua capacità nell’arte della stroncatura (celebre, ad esempio, quella dell’altrimenti acclamato “La vita è bella” di Benigni e di Vincenzo Cerami, con toni sulfurei sui giornali e più ragionati nel tempo). La cosa è stata occasione della lamentazione della crisi della stroncatura: la cultura ufficiale (giornali, tv...) non ne ospita praticamente più, mentre in rete abbondano, ma spesso manca la cura necessaria a fare dell’attacco una piccola opera d’arte. “Stroncatura” è un termine che appare nell’italiano del XVIII secolo, non a caso in coincidenza col pensiero illuminista, che volterrianamente amava la polemica durissima, purché aguzza, e che vedeva il grande sviluppo della stampa e dei giornali. Il termine nasce dal linguaggio agricolo, dove un albero può essere distrutto tagliandone il tronco con una scure, una sega, ma anche per via di un evento accidentale, magari un fulmine che lo schianta (e in questo caso il re-censore stroncatore diviene quasi essere divino). La figura italiana più celebre al proposito fu sicuramente Giuseppe Baretti (Torino 1719 - Londra 1789), vivendo in varie città italiane e anche a Cuneo nel 1742-44, per cui celebrò in una canzone la “Liberazione di Cuneo” durante la guerra di successione austriaca. Fallito l’inserimento come poeta nella corte sabauda per l’ostilità dei pedanti, nel 1751 egli emigrò a Londra, polo culturale degli illuministi come unica grande monarchia costituzionale d’Europa, dove conobbe tutti i grandi della scena culturale londinese. Egli curò la prima antologia italiana in inglese nel 1757, dove introdusse anche il falso storico dell’ “Eppur si muove!” galileiano. Tornato in Italia nel 1763, nella più libera Venezia, fondò “La frusta letteraria”, rivista di spietata critica contro il pedantismo che affliggeva la repubblica delle Lettere, e l’alter ego di Aristarco Scannabue, ex soldato in pensione dedito ora a veementi battaglie letterarie. La repubblica veneziana chiuse poi la scuola dietro le pressioni di padre Buonafede, principale bersaglio delle staffilate critiche: Baretti se ne tornò in Inghilterra dove attaccò gli stereotipi antiitaliani degli inglesi in un saggio del 1768. Nel 1769, curiosamente, andò a processo per omicidio per aver accoppato a stilettate il protettore di una prostituta londinese: il processo ebbe grande rilievo per i testimoni a suo favore del mondo letterario inglese, che gli valsero l’assoluzione. Con l’inasprirsi della crisi americana avvicinandosi al 1776 la sua fama iniziò a declinare: gli inglesi seguivano solo più le polemiche politiche. Le sue stroncature si fecero quindi più incattivite e più sterili, non prive di elementi misogini come negli attacchi alla scrittrice Hester Lynch, caduta in disgrazia nella cerchia di Johnson. Naturalmente, l’arte della stroncatura richiederebbe anche di impratichirsi nell’arte del duello: fino al ‘45, benché illegale, non era impossibile dover difendere la propria penna in punta di spada. Celebre quello tra Ungaretti e Bontempelli, a casa di Pirandello, presente Gabriellino D’Annunzio: ma su questo magari vi istruiremo un’altra volta. Al limite, nell’attesa, aspettate un attimo a stroncare.

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