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Addio a Claudia Cardinale: il volto eterno del cinema italiano

Attrice simbolo del cinema italiano del dopoguerra, è venuta a mancare a 87 anni

Addio a Claudia Cardinale: il volto eterno del cinema italiano

«Perché non sa voler bene» 

Mentre pronunciava questa battuta, quegli occhi di cui il colore si poteva solo indovinare, trafiggevano Marcello Mastroianni, e, di converso, lo spettatore che in quel momento era sulla traiettoria, come se si affacciasse dalla fronte di Snaporaz.

Quelle poche parole arrivavano a sintesi e culmine di uno scambio incarnante, forse, il punto più profondo dell'indagine introspettiva di "Otto e mezzo". Il capolavoro di Federico Fellini, una spietata indagine nel suo ruolo d'artista, capace per la prima volta di giocare in modo spericolato sul filo della realtà e della fantasia. Diverse attrici erano state scelte per incarnare il rapporto del protagonista, suo alter ego, con le donne.

Non è un caso che Claudia Cardinale, in quella pellicola, rappresentasse prima ancora che l'identità di un personaggio, l'ideale femminile in quanto tale.

Claudia Cardinale non c'è più: in questi minuti in cui il mondo apprende la dolorosa notizia, che lambisce case e televisori, smartphone e computer come un'onda bassa e scura, quel ruolo, quell'immagine è la prima che mi è tornata in mente. Elemento completamente personale: mille altri ruoli, forse anche più significativi, sapranno citare le legioni di cinefili e appassionati che l'hanno amata.

Fu la bellissima Angelica nel Gattopardo di Visconti, l'indipendente Jill alle prese con un vecchio west al crepuscolo per Sergio Leone (proprio al suo personaggio Ennio Morricone dedicò uno dei suoi temi più struggenti). Interpretò anche l'affascinante Giuditta, nella Roma papalina misteriosa e sulfurea dei carbonari di "Nell'anno del Signore" di Gigi Magni. Recitò per Germi, per Zampa, per Bolognini... Lavorò in produzioni internazionali, tra cui due episodi de "La pantera rosa" per Blake Edwards. Ha interpretato talmente tanti ruoli al cinema, talmente tante vite ha ricreato che è complesso persino cercare di elencarle. Claudia Cardinale per tutti è semplicemente stata il cinema italiano, nella sua stagione più bella e romantica. Un cinema del dopoguerra, artigianale eppure colto, che sapeva coniugare la sperimentazione con la popolarità e che sapeva raccontare una nazione uscita a brandelli dalla guerra, ma che sapeva sognare, rintuzzarsi i pochi stracci addosso e mettersi a costruire il futuro.

Una nazione che, riguadagnato un minimo di benessere, cercava di godersi qualche lusso e concedersi qualche debolezza, con storie che, unite agli scenari unici dell'Italia, sapeva fare tendenza e fare sognare tutto il mondo. La "Dolce vita" di cui, ancora Fellini, seppe tratteggiare un impareggiabile ritratto dolceamaro, mettendo in scena quel bagno nella fontana di Trevi che, insieme alla Vespa di "Vacanze Romane", è stata per milioni di stranieri la più vivida incarnazione del sogno italiano. Insieme a Sophia Loren, Claudia Cardinale è stata forse il volto più internazionale del nostro cinema. Possedeva il fascino ineguagliabile della solarità e di una semplice joie de vivre, coniugato a un lato oscuro e misterioso, ambiguo e affascinante. 


Nel 2017 il Festival del cinema di Cannes la omaggiò scegliendo una sua foto per la locandina di quell'edizione. Un'immagine che la vedeva scalza, intenta a ballare sui tetti di Roma. Era il 1959. Forse davvero, quell'immagine che riassume in sè libertà, gioia di vivere, gioventù, spontaneità e bellezza, è lo scatto che meglio di tutti racconta cosa abbia rappresentato Claudia Cardinale per il cinema. E cosa sia stata, quella stagione del cinema italiano e internazionale. 

Cardinale nacque in Tunisia, nel 1938. La sua famiglia era emigrata in Africa settentrionale da diverse generazioni. Ambiziosissima fin da piccola, le sue lingue madri furono il francese (e per tutta la vita mantenne un legame particolare con la Francia)  e il siciliano, imparando l'italiano solo più tardi. La sua fu un'adolescenza irrequieta, con il mito di Brigitte Bardot. Si avvicinò al cinema nel 1956, con un cortometraggio a cui partecipò insieme alle compagne di scuola. Il regista era francese, Renè Vautier. Un primo piano in quella pellicola, vincitore al Festival di Berlino, le regalò già una piccola notorietà spingendo altri registi a contattarla. "I giorni dell'Amore" con Omar Sharif fu la sua prima prova d'attrice, in una parte minore. Nel 1957 un concorso di bellezza per la più bella italiana in Tunisia fu la svolta. Frequentò il Centro sperimentale di cinematografia, una partecipazione breve, ostacolata dalla difficoltà con la lingua. In Tunisia però si scoprì incinta. Così, accettò l'offerta del produttore Franco Cristaldi e divenne una delle sue attrici di punta, nonostante il periodo particolarmente infelice, in cui fu afflitta da uno strato depressivo. Partorì in segreto a Londra e raccontò tutto solo in seguito, in un'intervista a Enzo Biagi. 

Il primo film in Italia fu "I soliti ignoti" di Monicelli, dove tra gli altri recitò con Totò, Gassmann, Mastroianni. Aveva un aspetto particolare, mediterraneo, che non la faceva sfigurare nei ruoli della nobiltà né nei panni della popolana. Con Pietro Germi iniziò a capire cosa fosse davvero la recitazione e a prendere confidenza con la macchina da presa. Fellini la notò in "Un maledetto imbroglio". All'inizio degli anni Sessanta recitò in "Il bell'Antonio" di Bolognini e nella prima grande produzione internazionale, "Napoleone ad Austerlitz", dove si trovò sul set con Orson Welles e Vittorio de Sica. 

Il 1963 fu un anno d'oro per lei, con "Il gattopardo" di Luchino Visconti e "8 e mezzo" di Fellini. , mentre con Comencini interpretà "La Ragazza di Bube", ottenendo il primo nastro d'argento. Sempre nel '63, apparve nella PAntera Rosa, insieme a Peter Sellers. Gli anni Sessanta furono il momento d'oro, che la vide dividersi tra Roma e Hollywood. Tra i film a cui prese parte alla fine del decennio spiccano "Il giorno della civetta" di Damiano Damiani, "C'era una volta il west" di Sergio Leone, "Nell'anno del signore" di Luigi Magni. Negli anni Settanta, tra le opportunità più interessanti, ci fu il duello con il suo vecchio mito, Brigitte Bardot, nel western "Le pistolere" che sarebbe poi diventato un cult movie. Dal 1974 conobbe Pasquale Squitieri, che divenne poi suo compagno. Dal 1975 concluse il rapporto professionale con la Vides di Cristaldi. Dopo due anni di inattività ripartirà con "Gesù di Nazareth" di Zeffirelli. Apparirà anche ne "La Pelle" di Liliana Cavani e nel Fitzarraldo di Herzog, la folle avventura di un magnate che tenta di attraversare una foresta a bordo di un battello a vapore. Negli anni 2000, sessantenne, la Cardinale si apre anche al teatro, partecipando a diverse tournèe. L'ultimo ruolo al cinema sarà l'isola del perdono, nel 2022.

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