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26 Settembre 2025 - 16:46
L’Antitrust ha imposto una sanzione record da 936,6 milioni di euro a sei delle principali compagnie petrolifere attive in Italia – Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil – accusate di aver stretto un’intesa restrittiva della concorrenza nel mercato dei carburanti.
Secondo quanto emerso dall’istruttoria, avviata dopo la segnalazione di un whistleblower, i colossi energetici si sarebbero coordinati nella determinazione del valore della componente bio presente nel prezzo del carburante, una quota introdotta per rispettare gli obblighi ambientali previsti dalla normativa europea.
Il presunto cartello, in vigore dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2023, avrebbe contribuito a far lievitare il costo di questa componente da 20 euro al metro cubo nel 2019 fino a 60 euro nel 2023, con aumenti simultanei e scambi di informazioni tra le società coinvolte.
Le multe più elevate sono state comminate a Eni (336 milioni), Q8 (172 milioni) e Ip (163 milioni), seguite da Esso, Tamoil e Saras. Nessuna sanzione invece per Iplom e Repsol, escluse dall’intesa.
Secondo l’Autorità, il coordinamento sarebbe stato agevolato dalla pubblicazione di dati sulla rivista “Staffetta Quotidiana”, alimentata da informazioni trasmesse direttamente da Eni.
La replica di Eni non si è fatta attendere. In una nota, la società parla di “decisione infondata” e di una ricostruzione artificiosa che “ignora le logiche di mercato e travisa la realtà dei fatti”.
“Nonostante la piena collaborazione fornita durante l’istruttoria, l’impianto accusatorio si basa su comunicazioni legittime legate ai rapporti di fornitura tra operatori”, sottolinea Eni, che rivendica l’autonomia delle proprie decisioni commerciali.
La compagnia ritiene inoltre paradossale una condanna su una componente che incide solo per pochi centesimi al litro, evidenziando come i dati in questione fossero già noti al mercato e dunque incapaci di alterare la concorrenza.
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