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Uno sport nello sport: quando arbitrare diventa una lezione di vita

A Villanova talk show con Marco Angeli, presidente della sezione cuneese dell'Aia, Roberto Garelli, osservatore tecnico e il giovane arbitro Nicola Garelli

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Insultati, denigrati, dileggiati, nei casi peggiori malmenati: eppure senza di loro non si giocherebbe una sola partita. Quello dell'arbitro è un mestiere complicato e indispensabile e spesso molto poco conosciuto. Un arbitro è prima di tutto uno sportivo, che deve garantire allenamento e prestazioni impeccabili, prima ancora dei giocatori.

Nella seconda parte della serata dedicata alle Associazioni sportive, organizzata dal Comune di Villanova, si è tenuto un talk show condotto dall'assessore Giacomo Vinai con tre ospiti, dedicato proprio all'approfondimento del mondo dell'arbitraggio. Sono intervenuti Nicola Garelli, giovane villanovese, arbitro per passione e reduce da un'esperienza internazionale, Roberto Garelli, organizzatore tecnico della sezione di Cuneo, Marco Angeli presidente della sezione di Cuneo.

«Un arbitro rappresenta la federazione e deve garantire il rispetto delle regole – ha detto il presidente Angeli – questa è la definizione standard. Serve qualcuno che sia la voce finale in caso di contesa, altrimenti l'agonismo porta all'eccesso. Come Sezione di Cuneo gestiamo più di cento partite a settimana e abbiamo la responsabilità di consentire di giocarle. Se un arbitro non va alla partita ci sono almeno cinquanta persone che si sono mosse per nulla. La responsabilità è la prima cosa che insegnamo ai nostri ragazzi, chiediamo loro assoluta serietà nel comportamento sul campo e fuori. Possiamo essere attaccati tranquillamente per le nostre decisioni, ma un arbitro rappresenta la federazione e non devono essere attaccabili sotto altri piani. Questa è una componente fondamentale nella formazione di un arbitro che poi vada ad arbitrare nella massima serie». «Le prime partite sono sempre un po' complicate, ma siamo assistiti da tutor che ci accompagnano con i consigli giusti, non siamo abbandonati a noi stessi. Poi crescendo e migliorando, con le visionature dell'osservatore, si può progredire di categorie fino ad arrivare all'organico regionale da prima categoria fino a eccellenza. Da lì poi si può passare al livello nazionale ma è complesso. Non nego che ci siano stati momenti difficili, ma la nostra bellissima sezione ci supporta e ci aiuta a trovare il modo di andare avanti».

«La valutazione fondamentale è quella dell'osservatore, che crea i voti e le graduatorie che decidono le promozioni – ha spiegato ancora Angeli – dall'eccellenza in poi la graduatoria va oltre il mero dato tecnico e diventa un numero chiuso. Alcune volte l'arbitro esce contestatissimo e invece noi ci complimentiamo con lui nello spogliatoio perchè ha arbitrato benissimo. A volte si esce invece con le società soddisfatte e nello spogliatoio invece ci sono critiche. La reazione del pubblico e dei giocatori all'arbitraggio per noi conta zero».

«Il mio ruolo è aiutare i nostri ragazzi a crescere – ha spiegato Roberto Garelli – precedentemente io e Marco lo abbiamo fatto a livello nazionale vedendo arbitri che sono in Serie A: abbiamo visto Sozza, Tremolada, la Ferreri Caputi, per fare alcuni nomi... Per noi non conta tanto il singolo errore: conta come si muove in campo. L'arbitro ha una meccanica arbitrale, deve muoversi in un certo modo e correre. Un arbitro credibile è sempre vicino all'azione. La prima cosa che noi chiediamo ai ragazzi è la serietà sotto l'aspetto atletico. Un giocatore in una gara farà 40 volte il campo avanti e indietro, un arbitro fa anche ottanta volte la lunghezza del campo nel corso di una gara. Poi dobbiamo valutare il modo in cui affrontano queste situazioni. Bisogna immaginare un ragazzo di sedici anni che si trova a prendere decisioni in una situazione con 22 giocatori in campo e il pubblico dagli spalti. L'arbitro deve sapersi comportare e gestire la protesta».

«Tutti giocano e guardano il calcio: quanti hanno letto il regolamento? Il regolamento del calcio ha 18 articoli e non l'ha letto nessuno – ha detto ancora Garelli – bisognerebbe, nelle scuole calcio, oltre a insegnare a colpire il pallone far leggere questo regolamento. Gli arbitri sono giudicati per le loro prestazioni. Se i voti non sono soddisfacenti l'arbitro va a casa, ridicolo pensare a condizionamenti. Il ruolo di un arbitro è in discussione ad ogni partita».

«Vorrei sottolineare l'importante valore formativo dell'esperienza di fare l'arbitro, in giovane età. – ha detto ancora Roberto Garelli – un adolescente non ha altra preoccupazione che vivere la propria età, si sveglia la mattina, va a scuola, studia. Magari prende una decina di decisioni a settimana. Un giovane arbitro è portato a prendere sessanta, settanta decisioni nell'arco di novanta minuti, in un contesto di forte pressione. Va poi detto che spesso è anche una situazione complessa, perchè quando si prende una decisione, si fischia un rigore o si dà un fallo, si ha la possibilità di spiegare. Quando non si fischia non si ha modo di spiegare una decisione. Anche questo è un elemento che non è facile da capire se non si è nel ruolo e che è una cosa da saper gestire psicologicamente».


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