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Addio cambio d’ora? L’Italia avvia l’iter per tenere l’ora legale 12 mesi all’anno

Con 352 mila firme depositate e un iter parlamentare avviato, l’Italia valuta l’addio al cambio d’ora puntando su risparmi energetici, salute e più luce tutto l’anno

Addio cambio d’ora? L’Italia avvia l’iter per tenere l’ora legale 12 mesi all’anno

L’ipotesi di mantenere l’ora legale per dodici mesi torna ufficialmente al centro dell’agenda politica. L’idea piace alla quasi totalità dei cittadini europei — l’84% secondo le rilevazioni Ue — e in Italia ha raccolto 352 mila firme attraverso una petizione promossa da Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale) e Consumerismo No Profit. Ora la questione arriva anche nelle sedi istituzionali: la Camera si prepara a discuterne.

 

Il 17 novembre il tema approda alla Camera

 

Lunedì 17 novembre, alle 14.30, il tema verrà presentato formalmente alla Commissione Attività produttive della Camera. In quell’occasione sarà illustrata la richiesta di avviare un’indagine conoscitiva, sostenuta da Sima, Consumerismo No Profit e dal deputato Andrea Barabotti (Lega). Durante la seduta saranno depositate anche le firme raccolte a favore dell’ora legale stabile.

Se l’indagine verrà autorizzata, dovrà analizzare in modo organico gli effetti di un eventuale cambiamento: consumi energetici, impatti ambientali, conseguenze sulla salute, sicurezza pubblica e ricadute sulle abitudini sociali. La tabella di marcia è già definita: entro il 30 giugno 2026 dovrà essere elaborata una proposta normativa.

 

 

Il contesto europeo: dal sondaggio del 2018 al nuovo impulso spagnolo

 

Il dibattito non è nuovo. Nel 2018, una consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea ottenne 4,6 milioni di risposte, con una larga maggioranza contraria al cambio d’ora stagionale. Nel 2019 il Parlamento europeo approvò una direttiva lasciando ai singoli Stati la scelta dell’orario permanente, ma la pandemia, le divisioni interne e la complessità dei trasporti europei hanno rallentato tutto.

 

La discussione è tornata in movimento quando, poche settimane fa, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha chiesto di reinserire l’argomento nell’agenda Ue, definendo il cambio d’ora «privo di logica». Il Consiglio europeo ha accolto una prima comunicazione in merito, e il commissario all’Energia Dan Jørgensen ha annunciato un nuovo studio sul tema.

 

I risparmi stimati: bollette più leggere e meno CO₂

 

I promotori dell’ora legale permanente ricordano che, tra il 2004 e il 2025, l’Italia ha già beneficiato di 2,3 miliardi di euro di risparmi grazie al cambio stagionale, con oltre 12 miliardi di kWh non consumati.

Secondo dati di Terna, i soli sette mesi del 2025 hanno permesso un risparmio superiore ai 90 milioni di euro.
Dal punto di vista ambientale, la riduzione di emissioni sarebbe significativa: tra 160 mila e 200 mila tonnellate di CO₂ all’anno, pari all’assorbimento di 2–6 milioni di alberi.

Se l’ora legale venisse mantenuta per tutto l’anno, le proiezioni indicano un risparmio aggiuntivo di circa 720 milioni di kWh, per un beneficio economico stimato intorno ai 180 milioni di euro annuali.

 

Gli effetti su salute e sicurezza

 

Oltre ai consumi, Sima richiama l’attenzione sugli aspetti sanitari. Il passaggio all’ora solare comporterebbe un’alterazione del ritmo circadiano, con ricadute su sonno, umore, vigilanza e parametri fisiologici come pressione e frequenza cardiaca. Diversi studi segnalano anche un incremento di incidenti stradali e sul lavoro nella settimana successiva al cambio d’ora autunnale, e un lieve aumento dei reati predatori dovuto alle ore di buio anticipate.

Secondo le analisi citate, giornate con più luce serale avrebbero inoltre effetti positivi su turismo, commercio e ristorazione, con un prolungamento naturale dell’attività nelle ore pomeridiane.

 

L’iter avviato, ma la decisione richiederà tempo

 

L’avvio dell’indagine conoscitiva non equivale a un via libera immediato all’ora legale permanente, ma segna l’inizio di un percorso politico e tecnico. Le Commissioni parlamentari dovranno valutare in modo dettagliato dati, impatti sui trasporti, compatibilità con gli altri Paesi europei e ricadute sui consumi nazionali.

Il tema, periodicamente riaperto, questa volta entra in Parlamento con una base ampia di sostegno popolare e con un nuovo impulso europeo. Ora spetterà al legislatore decidere se trasformare la discussione in un cambiamento definitivo.

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