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Il parroco e docente che "rifondò" lo scoutismo a Mondovì

Convegno e spettacolo della Compagnia del «Birùn» dedicato al biblista Giovanni Giorgis

Il parroco e docente che "rifondò" lo scoutismo a Mondovì

Nel pomeriggio di sabato 2 agosto la Compagnia del «Birùn» ha replicato il suo spettacolo dedicato al biblista Giovanni Giorgis,

Nel pomeriggio di sabato 2 agosto la Compagnia del «Birùn» ha replicato il suo spettacolo dedicato al biblista Giovanni Giorgis, nella cui memoria intensamente opera la Associazione «Tenda dell’incontro», nella cornice del Monastero di San Biagio alle porte di Mondovì: «I suoi raggi arriveranno anche qui».

I testi utilizzati sono dello scomparso religioso, la drammaturgia è di Simona Grosso, con regia di Elide Giordanengo, musiche di Sara Bondi ed Elena Giordanengo (flauto ed arpa celtica).

L’iniziativa è stata a dieci anni dalla morte del religioso (il 6 agosto 2015), allora novantenne, attivissimo, rifondatore dello scoutismo monregalese, grande studioso e divulgatore, docente a Mondovì, parroco a Prato Nevoso, che visse gli anni delle grandi riforme alla Chiesa Cattolica decise dal «Concilio Vaticano II» (e delle relative resistenze di vari ambienti religiosi, neppur superate, almeno del tutto, anche attualmente).

Due i “momenti” dell’evento, dal titolo “A dieci anni dalla morte di Giovanni Giorgis. Quale presbitero per la Chiesa di oggi?” Al mattino, un convegno che ha visto la partecipazione della teologa veronese Cristina Simonelli (docente di Storia della Chiesa e Teologia patristica alla Facoltà Teologica di Milano, già presidente del Coordinamento delle Teologhe Italiane) che ha offerto una sua riflessione sul tema “Quale prete per la Chiesa di oggi?” e del teologo Duilio Albarello che ci ha presentato una relazione dal titolo “Il prete ‘secolare’. Un ministero tra comunità e società”, facendo riferimento al magistero ricco ed incisivo di papa Francesco. Con una toccante e intensa testimonianza della persona e del pensiero di Giovanni Giorgis ha introdotto i lavori Piercarlo Brunetti, laureato in scienze religiose all’Istituto Superiore di Scienze Religione di Fossano con una tesi dal titolo “Fede e vissuto quotidiano nella teologia biblica di Giovanni Giorgis” (relatore il prof. Duilio Albarello).

Al pomeriggio, nella chiesa strapiena del monastero, la replica della pièce teatrale “I suoi raggi arriveranno anche qui”, trasposizione teatrale di alcuni tratti della vita e del pensiero di Giovanni Giorgis.

Duilio Albarello ha chiarito in primo luogo il significato da lui attribuito al sintagma «prete secolare». È noto che nel diritto canonico tale formula si usa per distinguere i preti che fanno parte del presbiterio diocesano da quelli che sono inseriti invece in un ordine religioso. Nella prospettiva teologica del relatore, invece,  «secolare» è il presbitero chiamato a cercare la sua identità e la sua missione non fuori dal mondo, sopra o accanto all’esperienza comune della vita degli uomini e delle donne, bensì proprio dentro questo mondo e dentro questa esperienza. Lo stile del «prete secolare», che - come ogni persona che si mette alla sequela di Gesù - è nel mondo pur non essendo del mondo (cfr. Gv 17,16),  è quello di chi annuncia la novità dell’Evangelo condividendo le condizioni e le difficoltà delle persone comuni, affiancandole nel loro cammino di esistenza, muovendosi tra comunità cristiana e società civile. Una figura di  «prete secolare», dunque, alternativa  rispetto alla figura del «prete sacrale», che si è affermata nell’epoca della Cristianità: «una sorta di essere angelicato sospeso tra cielo e terra, custode di riti arcaici, depositario di tradizioni immutabili e maestro di dottrine indiscutibili».

Secondo Duilio Albarello, nel ricco magistero di papa Francesco sulla figura del presbitero è possibile ritrovare tutti i presupposti per passare, in un contesto come l’attuale di «fine della Cristianità» e di «Chiesa sinodale in uscita missionaria», dalla figura del «prete sacrale» a quella del «prete secolare», il quale è sollecitato ad aggiornarsi in sintonia con la comunità ecclesiale, in quanto possiede un’identità non statica, ma dinamica. Della relazione di Duilio (leggibile integralmente nel sito www.dongi.it) ci limitiamo a richiamare quanto da lui detto sullo stile testimoniale del presbitero per una Chiesa sinodale missionaria. In una Chiesa sinodale missionaria la figura del presbitero può essere delineata con l’utilizzo di una doppia triade di verbi, tutti presenti nel magistero di papa Francesco: cercare, includere, gioire (prima triade) e pregare, camminare, condividere (seconda triade). «Cercare», uscendo dagli schemi abituali, in gran parte non più funzionanti, nella misura in cui rimangono legati al contesto di «cristianità» che li aveva prodotti. «Includere», mettendosi in ascolto attento dei problemi, accompagnando i passi delle persone e mettendosi a servizio dell’incontro di ciascuno con Gesù Cristo e con la sua potenza di autentica umanizzazione. «Gioire», trasmettendo al Popolo di Dio con il suo modo di vivere la gioia che sente dentro di sé e che deriva dal suo rimanere radicato in Cristo. «Pregare», essendo la preghiera e la cura della vita spirituale a dare anima al ministero, «Camminare», mantenendo sempre lo stile del discepolo e del pellegrino sulle strade dell’Evangelo e della vita, affacciato sulla soglia del mistero di Dio e sulla terra sacra delle persone a lui affidate. «Condividere» spendendo tempo e ascoltando le persone per sanare le loro ferite degli altri e per offrire a tutti la tenerezza di Dio Padre. Duilio Albarello così ha concluso la sua relazione: «La maggior parte di noi qui presenti ha già certamente incontrato nella propria vita almeno una figura di prete secolare. Il suo nome è don Giovanni Giorgis».

Ricca di spunti la relazione di Cristina Simonelli, una voce importante nella teologia italiana. La sua scelta di vivere per trent’anni in ambienti rom ha certamente contribuito a renderla particolarmente sensibile alle problematiche delle differenze, una delle quali il femminile nella Chiesa e nella società. L’ambito dei suoi studi e della sua attività di insegnamento – la storia della Chiesa nei primi secoli e la patrologia – la rende solidamente consapevole di una eredità che ci viene dal passato, non da conservare mummificandola, ma da cui attingere per vivere il presente. Una delle cose che certamente vogliamo ricordare del suo intervento è il titolo “Passi e orizzonti”. Nell’immaginare la figura del presbitero per la Chiesa di oggi, è necessario avere uno sguardo che spazia su orizzonti ampi, che si spinge lontano. E impegnarsi nei passi, inevitabilmente piccoli, che pure possiamo e dobbiamo fare. Tra i punti toccati dalla teologa veronese: la crisi, con i meccanismi che vi si innescano, di blocco difensivo, ma anche di sblocco verso nuove aperture; i nodi su cui inciampano i nostri “passi contati”, come il ministero ordinato riservato ai maschi sulla base di una discutibile e pericolosa idea di fare del prete un “altro Cristo”; la costruzione di comunità in cui noi laici e laiche non siamo pecore ma commensali; il ministero di guida e di supporto del presbitero, all’insegna della corresponsabilità differenziata («né coniglio, né eroe», «nè figura carismatica autoreferenziale»); la pluralità e la diversità, con l’ immagine potente e suggestiva di Chiesa non fortezza che si impone e si difende, ma insieme di tante piccole casette.

Nel pomeriggio, di fronte a pubblico numeroso e plaudente, come nelle precedenti rappresentazioni, a Peveragno, il bovesano Giorgio Casiraghi, marito della regista, ha fatto rivivere, letteralmente, come nel suo stile rappresentativo, quasi «reincarnandolo», il Biblista.

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