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Gli automobilisti "non vedono" i motociclisti? Una ricerca svela come il cervello tradisce chi guida

L'università di Nottingham-Trent sviluppa uno studio che dimostra come i modelli mentali degli automobilisti siano, in alcuni casi, decisivi nella percezione del rischio e della reazione. Chi guida sia auto che moto riesce più facilmente a evitare incidenti

Gli automobilisti "non vedono" i motociclisti? Una ricerca svela come il cervello tradisce chi guida

Immagine generica realizzata dall'Intelligenza Artificiale

Perchè gli automobilisti investono i motociclisti? Per tanti motivi ma uno dei principali è che non li vedono. 

Sembra paradossale, ma è una delle risultanze di recenti ricerche scientifiche dedicate al tema. Pochi mesi fa un team dell'Università di Nottingham Trent ha condotto uno studio dedicato alle motociclette e alla loro percezione nel cervello di chi guida, con risultati sorprendenti.

I modelli mentali che ingannano la percezione

In soldoni, i ricercatori David Crundall, Editha Van Loon e Megan Hutchinson, hanno evidenziato che a complicare, in molti casi, la sicurezza stradale è un meccanismo psicologico che riguarda i conducenti: il cervello costruisce infatti dei modelli mentali, che utilizza per prevedere i comportamenti circostanti, in base a precedenti esperienze. Grazie a questi "modelli" è in grado di reagire più velocemente o prepararsi alla reazione rispetto agli stimoli e alle cose che vede avvenire sulla carreggiata stradale. Ora, il fatto è che molti automobilisti non hanno mai messo piede su una moto, non hanno idea concreta delle dinamiche legate al movimento delle motociclette. Il loro "modello mentale" in questo senso è incompleto e questo può causare delle difficoltà dalle conseguenze potenzialmente letali.

Simulazioni in realtà virtuale: come reagiscono automobilisti e motociclisti

Nell'ambito della ricerca sono stati utilizzati dei visori, simulando con la realtà virtuale scenari di guida reali a cui sono stati sottoposti automobilisti standard e persone che guidano entrambe le tipologie dei mezzi. Gli automobilisti standard non erano in grado, spesso, di reagire in tempo a determinate minacce mentre gli altri lo facevano perché avevano previsto quanto stava per accadere.

L’appello dell’Associazione Motociclisti Incolumi

Questi test hanno migliorato in entrambe le categorie la comprensione delle cause degli incidenti auto-moto. A portare l'attenzione sulla ricerca è Luca Gavotto, delegato del Piemonte dell'Associazione Motociclisti Incolumi. «Solo il 16 ottobre a Cuneo si è verificato un incidente tra un'auto e una moto – dice – Gli automobilisti devono imparare a “vedere” non solo le moto, ma anche ciclisti, pedoni e animali. Secondo l’A.M.I., questa consapevolezza dovrebbe diventare parte integrante dei programmi delle scuole guida, dove si forma la mentalità di chi si mette al volante. La sicurezza stradale non dipende solo dalle regole o dalla tecnologia, ma anche da rispetto e comprensione reciproca. I motociclisti restano tra gli utenti più esposti della strada. Nel 2023 sono morti 734 motociclisti in incidenti stradali. Servono interventi più efficaci sulla prevenzione e sulla sicurezza reale, non solo su quella percepita».

Immagine generica d'archivio

Le misure principali per evitare gli incidenti si dividono in due categorie: Sicurezza attiva, legata al comportamento (riconoscere i pericoli, mantenere una visione periferica e adattare la velocità non solo ai limiti di legge, ma alle proprie condizioni fisiche e ambientali). Guidare con prudenza significa prevedere e prevenire, e moderare la velocità in base alle condizioni. 

La sicurezza passiva riguarda le protezioni personali per i motociclisti (casco, abbigliamento tecnico, airbag) e la manutenzione dei veicoli. Uno pneumatico vecchio, anche se non consumato, può diventare scivoloso su asfalto bagnato. Nelle moto la percentuale di rischio di caduta aumenta in modo significativo.

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