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09 Dicembre 2025 - 08:28
Venerdì sera a Niella Tanaro la sala polivalente era gremita di persone, accorse per ascoltare il racconto dell’avventura sul Mera Peak dalle vive voci dei protagonisti. Simone Benedetto, Ettore Rovella, Enrico Piovano e Giuliano Biga. Niellesi i primi due, monregalesi gli altri. Un appuntamento organizzato dagli Amici della montagna del paese, e in particolare da Adriano Ricolfi. I quattro infatti all’alba del 18 ottobre, hanno raggiunto la cima del monte nepalese, a 6.476 metri, culmine di quella che è stata una vera e propria avventura, come hanno avuto modo di narrare alla platea. Un racconto tanto più interessante visto che si è svolto a più voci, con diversi punti di vista sugli stessi fatti.
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Il pubblico, vivace e curioso, ha anche interpellato con diverse domande i protagonisti. Ci sono stati momenti di tensione tra loro? Quali sono state le difficoltà principali. «Un’impresa del genere non è una passeggiata, lo si sa fin dall’inizio – ci dice Simone Benedetto – quindi ovviamente si mette in conto che ci sarà da faticare, forse anche da soffrire. Enrico e Giulio avevano già fatto in passato viaggi in Nepal, uno addirittura solo loro due. Questo è stato il loro terzo viaggio e per la prima volta volevano affrontare una “cima”. Anche io in passato avevo fatto diversi viaggi di questo tipo, ad esempio sul Kilimangiaro in Africa. L’idea è nata parlandone tra di noi e abbiamo deciso di provarci. Devo dire che non ci sono state tensioni, forse le uniche sono sorte al tavolo durante le partite a carte serali (sorride). Per il resto, anzi, essere in quattro ci ha aiutato a stemperare le difficoltà». La spedizione, per quanto accuratamente preparata e con il supporto di un'agenzia professionale, ha presentato numerose incognite, non sempre risoltesi felicemente: «In questo tipo di viaggi spesso capita di alloggiare in rifugi che sono poco più di baracche – prosegue Simone –. Magari capita di potersi lavare solo nella fontana a centro villaggio. In alcuni casi si arriva e si trova tutto pieno negli alloggiamenti per i viaggiatori e ci si deve adattare alle casupole dove si rifugiano le guide, che sono letteralmente un tetto e quattro pareti a secco. La temperatura non scendeva troppo nei villaggi, ma c’era tantissima umidità. Orientarsi non è difficile, invece, perché lì i sentieri sono delle vere e proprie arterie, molto frequentate e con diversi villaggi lungo la strada».
La spedizione è partita il 9 ottobre, data dell'arrivo dei viaggiatori a Kathmandu per espletare le pratiche burocratiche di autorizzazione alla scalata. Il gruppo si è poi mosso con varie escursioni a piedi nella giungla al verso Thangnak e Khare, ultimi abitati prima delle nevi perenni. Raggiunto il rifugio a 4.900 metri, il gruppo ha poi cominciato l'ascesa vera e propria alla vetta, a sette giorni dall'inizio della spedizione, raggiungendo il campo base a quota 5800.
La cima del Mera Peak è stata poi raggiunta alle 5.53 del mattino, ora locale, 2 di notte ora di Niella Tanaro. «I disagi hanno cominciato a moltiplicarsi mano a mano che lasciavamo la “civiltà” per così dire– racconta Simone – . Abbiamo sempre cercato di muoverci il prima possibile, di accorciare i tempi, a costo di faticare di più per cercare di schivare gli imprevisti e guadagnare tempo. Avremmo voluto avere, ad esempio, un giorno di acclimatamento in più ma non è stato possibile. Così abbiamo fatto una prima escursione al campo base, per rientrare e poi tentare la salita vera e propria. Lì la difficoltà di mangiare, il freddo, l’aria rarefatta, i giorni di cammino precedenti, tutto concorre a mettere in difficoltà il fisico. Di giorno fa molto caldo, perché il sole si riflette sulla neve, mentre di notte la temperatura scende anche a una ventina di gradi sotto lo zero, nella tenda si hanno -7 gradi.
Nei primi metri dell’ultima salita abbiamo avuto un momento di seria crisi, in cui ci siamo chiesti se andare avanti. Dopo una breve pausa ristoro con un po’ di tè caldo siamo poi riusciti a ripartire e completare la salita. Essere in vetta al Mera Peak per un appassionato di alpinismo è come essere al Louvre per un appassionato di arte: sei davanti alle montagne più famose del mondo, luoghi leggendari come l’Everest, Lhotse, Makalu, Cho oyu e Kanchenjunga… È singolare anche perché salendo sul Monviso da noi, a parte i 4000 in lontananza, si è sulla vetta più alta della zona. Qui si sale su una cima ma si è circondati da montagne ancora più alte. È una bella lezione di umiltà».
L'appuntamento si è aperto con il saluto istituzionale del sindaco di Niella Tanaro, Gian Mario Mina: i quattro hanno portato un pezzetto di Niella su una delle cime più alte del mondo, una maglietta con il nome di Niella Tanaro.
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