Il Consiglio di Stato concede il via libero per l'idrossiclorochina nelle terapie di cura Covid. L'assessore regionale alla Sanità del Piemonte Luigi Genesio Icardi è anche coordinatore nazionale della Commissione salute ed esprime così la sua soddisfazione: «Un grande giorno per il riconoscimento delle cure al Covid-19. L’utilizzo dell’idrossiclorochina è stato sperimentato nella prima ondata pandemica in Piemonte con risultati molto incoraggianti, non riuscivamo a capire perché i nostri medici dovessero rinunciarvi, quando anche l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva sciolto le riserve emerse sulla base di pubblicazioni rivelatesi del tutto inconsistenti. Finalmente torniamo a disporre di un’arma che può essere utilmente impiegata, soprattutto sul fronte del trattamento precoce della malattia, attraverso i protocolli di cura domiciliare, fondamentali per evitare il più possibile l’ospedalizzazione dei pazienti».
Il Consiglio di Stato ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base sospendendo la nota del 22 luglio 2020 dell'Aifa che vietava la prescrizione off label (ossia per un uso non previsto dal bugiardino) dell'idrossiclorochina per la lotta al Covid 19.
Icardiaveva portato ad esempio l’esperienza del Distretto Acqui Ovada dell’Asl di Alessandria, che dal 18 marzo al 30 aprile aveva preso in carico e seguito a casa, precocemente, attraverso il protocollo “Covi a casa” della dottoressa Paola Varese che prevedeva l’utilizzo dell’idrossiclorochina, 340 pazienti, con una drastica riduzione dei ricoveri, in controtendenza con i dati della stessa provincia, tra le più colpite del Piemonte. Su 340 pazienti, infatti, si sono avuti 22 ricoveri e 9 decessi, numeri dolorosi, ma nettamente inferiori agli attesi in base ai dati epidemiologici.
I dati piemontesi sono stati confrontati con esperienze di altri medici di Lombardia, Emilia Romagna e Friuli, con una concordanza di risultati. «La perdurante incertezza circa l'efficacia terapeutica dell'idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell'ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati - si legge ora nella sentenza del Consiglio di Stato - non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l'irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti. La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all'autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico in scienza e coscienza».
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