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Addio a Giorgio Forattini: una sua vignetta valeva più di un editoriale

Ci lascia il grande maestro della satira tradizionale, l'autore che più di tutti in Italia ha rappresentato la tradizionale satira politica

Finalmente si è asciugato il bianchetto. Addio a Giorgio Forattini, il gran maestro della satira italiana.

La morte di Forattini mentre inizia l'era della satira AI

Ci ha lasciato oggi, 4 novembre, l'autore che più di tutti in Italia ha rappresentato la tradizionale satira politica: Giorgio Forattini. Ormai 94enne, l'autore da tempo non era più presente sulle scene satiriche nazionali, ma nella sua - lunga - età dell'oro una vignetta di Forattini valeva (più di) un editoriale. Architetto di formazione, il suo esordio è, quarantenne, nel 1971, quando Paese Sera lancia un concorso per una strip satirica, che lui vince col suo personaggio di "Stradivarius", rappresentante di commercio sui generis (come era anche lo stesso Forattini all'epoca). Nel 1974 una sua vignetta conquista la prima pagina, che poi non lascerà più, conquistando lo spazio non solo per sé ma anche per le altre matite aguzze dell'Italia di allora. Si tratta di una vignetta sul referendum per il divorzio, dove la vittoria del NO all'abrogazione è festeggiata da una bottiglia cui salta il tappo. E il tappo è, ovviamente, Fanfani. Dal 1975, superato il concorso da giornalista, le sue vignette sono di fatto equiparate a un editoriale anche sotto il profilo normativo, e possono essere più pungenti approfittando della libertà di satira (e, per i rivali, licenza) di satira.

Dal 1976 è sulla neonata "Repubblica" di Eugenio Scalfari, che si pone come il polo della sinistra laica. Forattini ne fu di fatto, a lungo (e con parentesi su altre testate) il libero battitore, pungente contro la DC e il pentapartito ma con la libertà di staffilare anche la sinistra. Qui fonda Satyricon, a lungo potente supplemento satirico della testata, e giunge anche a una temporeanea direzione de Il Male, mitica testata della satira dei '70 controculturali. Secondo una diffusa accusa dei vignettisti rivali, specie di opinioni politiche diverse, Forattini "disegnava male", e in effetti il suo segno non è in sé particolarmente elegante. Però, al tempo stesso, è proprio in un certo gusto basic che Forattini riusciva ad arrivare a tutti, in una sintesi non colta ma efficacissima. Non fu immune dal cattivo gusto, ma la sua efficacia è quando riusciva a distillare alla perfezione un sarcasmo volutamente piccolo borghese, ma letale. Fino al 2017 le vignette dell'anno forattiniano uscivano in volume, creando una storia visuale della cronaca italiana.

Ricordo le lamentele di parte democristiana, la più bersagliata allora dall'aguzzo Forattini (ma Andreotti non querelò mai, anzi collezionava le vignette): "se un editorialista ci desse dei ladri, potremmo querelarlo. Se lo fa Forattini, con l'efficacia della grafica che è più incisiva, arriva immediatamente a tutti... non possiamo farlo, per bon ton". Lo stesso Forattini rimpiangeva quell'era primo-repubblicana in cui un certo fair play imponeva al potere di accettare attacchi anche eccessivi dai satiri. 

La fine di quell'equilibrio fu, probabilmente, con l'affaire Mitrokhin, un complesso scandalo esploso nel 1999 e legato ai presunti rapporti tra esponenti di primo piano del PCI e il PCUS di Mosca dell'età dell'URSS. D'Alema (effigiato sempre come Hitler, come prima Craxi era Mussolini redivivo), allora presidente del consiglio, nicchiava nel rivelare la lista e quindi Forattini lo rappresentò mentre ghignava malvagio: "Un attimo che si asciuga il bianchetto". D'Alema querelò per cifre enormi, e Forattini, non appoggiato a suo avviso dalla redazione, rinunciò alla collaborazione con Repubblica. Forattini si era del resto spostato a destra come opinionista grafico (pur continuando a rivendicare la sua assoluta neutralità politica) con l'era del crollo del PCI tramutato in PDS e poi l'era berlusconiana (pur essendo fustigato anche il Silvione nazionale). Dal 2000 tornò alla "Stampa", poi dal 2006 sul "Giornale" berlusconiano.

Forattini attribuiva questa sua svolta - come detto, mai del tutto ammessa e controvoglia - con, a suo avviso, la santimoniosa irritabilità della sinistra, per nulla disposta ad accettare su di sé gli strali della satira adorati quando scagliati sugli avversari. Stando all'autore, le venti querele ricevute erano tutte giunte dall'ambito progressista.

Anche in questo, forse, Forattini fu un antesignano delle lamentazioni del "politicamente corretto", anche se la nuova destra ha dimostrato permalosità e querele paragonabili ai vecchi radical-chic. Altro concetto diffuso in Italia, graficamente, da Forattini, nel 1977, con un Berlinguer mostrato come un lord inglese, intento a sorseggiare il the, indifferente alle proteste operaistico-studentesche del '77. Il concetto era stato introdotto in USA nel '70 da Tom Wolfe, ma sicuramente da noi fu Forattini a rendere l'idea iconica dei "comunisti col rolex". All'epoca qualcosa di blasfemo, forse il primo caso di forti proteste dei lettori contro un vignettista che se la prendeva con un "santino intoccabile" (per alcuni). E non a torto, forse: sebbene in fondo più blanda di altre accuse, era particolarmente perniciosa per la sinistra, che può esser meno danneggiata dall'accusa di rispondere a Mosca rispetto a quella di rispondere all'armocromista.

Oggi Forattini ha lasciato spazio a una generazione satirica spesso più incattivita ma meno efficace spesso nel colpire con vera severità il potere, al limite in grado di trascinarlo in un eterno scontro utile alla visibilità. Ma, in fondo, nell'era dei meme (e del disegno AI), la satira politica tradizionale ha forse ormai fatto il suo tempo, e Forattini quindi resterà insuperato come testimone dell'ultima grande stagione della vignettistica politica.

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