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Gigi Scimè, il siciliano che liberò Mondovì

Si presenta in città il libro intitolato al partigiano scritto da Silvano Messina

partigiano luigi scimè

Fu un siciliano il comandante partigiano che liberò Mondovì il 29 aprile 1945 mentre i nazisti in fuga sfogavano l’ultima rabbia sulla città e mentre ai militi di Salò, loro alleati, non restava che arrendersi. Era il capitano Gigi Scimé. 

Se il suo nome emerge più volte nelle pubblicazioni cuneesi sugli anni della Resistenza, la sua figura non è così conosciuta nella sua terra natia. A colmare la lacuna ci ha pensato un suo compaesano: Silvano Messina, autore del volume “Il partigiano Gigi - La Resistenza siciliana in Piemonte”. È originario di Racalmuto, provincia di Agrigento, paese di Leonardo Sciascia e di Luigi Scimè.

Sabato 22 novembre , alle 17, Silvano Messina sarà a Mondovì per presentare il suo volume. Dove? Ovviamente nel luogo che Mondovì ha dedicato al capitano: la "Sala Luigi Scimè", in corso Statuto, a fianco del Municipio. (piccola curiosità: a Racalmuto non esiste nulla di dedicato a Scimè).

«I siciliani – sottolinea l’autore – finita la guerra e tornati all’ovile si sono astenuti quasi tutti dal mantere vivo il ricordo delle loro imprese su quelle montagne che non appartenevano loro. Ciò nonostante la partecipazione dei meridionali e dei siciliani alla Resistenza è stata cospicua e la maggiore concentrazione di resistenti siciliani si è trovata proprio in Piemonte. Tra loro Luigi Scimè, originario di Racalmuto, paese della provincia di Agrigento. Il lavoro è stato fatto, oltre che per rievocare il protagonista, anche per non ab­bassare l’attenzione sulla Resistenza: un momento di ri­scatto politico e morale, ma soprattutto di ricostruzione dello Stato su base democratica».

Scimè era divenuto capo naturale d’un nutrito gruppo di siciliani sbandati dopo l’Armistizio nella pianura tra Fossano e Mondovì. Aveva 36 anni e una lunga esperienza di guerra, in Etiopia e su vari fronti, compresa la Sicilia invasa (o liberata) dagli Alleati. Ufficiale di carriera, al momento di scegliere da che parte stare dopo l’8 settembre, non s’imboscò come altri. Contattò ad uno ad uno una settantina di militari ospitati presso loro ex commilitoni in cascine di Sant’Albano, Trinità, Bene, Margarita. A marzo 1944 portò il suo gruppo in Val Pesio. Dopo lo scontro della Pasqua ‘44, che costrinse i partigiani a un temporaneo sbandamento, Scimé tornò a Sant’Albano e di lì in Langa; ma in luglio era a capo della Brigata Val Ellero della III Divisione Alpi.

Le rabbiose reazioni nazifasciste, sul finire del ‘44, costrinsero di nuovo quei partigiani a filtrare in pianura. La primavera però non era lontana e toccò alla V Divisione Alpi, affidata a fine gennaio ‘45 proprio a Scimé, preparare le condizioni per l’assalto finale.

Sentendo prossima la fine, il tenente fascista Alberto Farina che presidiava Mondovì cercò un abboccamento con Scimé e col suo vice Gregorio per concordare la resa. Ma poi Farina non ne rispettò le condizioni. Il CLN monregalese, presieduto dall’ing. Fulcheri, prese accordi per il piano di liberazione con Scimé, designato comandante della piazza di Mondovì e quella del 29 aprile fu finalmente un’alba di libertà.

La città di Mondovì mantenne il legame con il suo liberatore, sancito dalla cittadinanza onoraria tributata ai tempi del sindaco Lissignoli, rinnovato all’annuncio della sua scomparsa nel 2006 all’età di 98 anni, e con l’intitolazione al suo nome della sala comunale conferenze.

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