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16 Dicembre 2025 - 15:23
Stand by me, forse il capolavoro di Reiner
La notizia della morte di Rob Reiner, uno dei registi più influenti del cinema americano tra gli anni ’80 e ’90, ha scosso Hollywood e il mondo intero. La tragedia, consumatasi nella loro casa di Los Angeles il 14 dicembre 2025, ha il sapore amaro del paradosso: una vita dedicata a raccontare le sfaccettature dell’esperienza umana si è chiusa in un episodio di violenza familiare tanto crudele quanto incomprensibile. Il corpo di Reiner e della moglie Michele Singer Reiner è stato trovato con ferite da arma da taglio; poco dopo, il figlio 32enne, Nick Reiner, è stato arrestato e accusato di essere responsabile del duplice omicidio dei genitori.
Chiunque abbia amato il cinema di Reiner sa che il suo lascito artistico non si limita a una serie di successi: è una narrazione delle contraddizioni dell’America, delle sue paure, dei suoi slanci e dei suoi difetti. Dopo l’esordio con This Is Spinal Tap (1984), mockumentary che rideva del mito rock con irriverente intelligenza, Reiner inanellò una sequenza rara di classici. Con Stand by Me – Ricordo di un’estate (1986) trasformò il romanzo di Stephen King in una meditazione sull’adolescenza e sull’amicizia ancor più ampia e potente del bel racconto originale. Con La storia fantastica (1987) offrì una fiaba che mescolava romanticismo e avventura con un tocco poetico raro, in grado di ironizzare sul fantasy e sulla sua seriosità ma mantenendo un eleganza poetica ed efficacia drammatica che in seguito forse solo Neil Gaiman, nel fumetto, avrebbe saputo emulare in Sandman e altre opere. La commedia romantica Harry ti presento Sally (1989) divenne un modello per il genere, mentre il ritorno a King con Misery non deve morire (1990) dimostrò la sua abilità nel maneggiare l’orrore psicologico più duro, che è forse il King migliore, ancor più che quello sovrannaturale più noto, con cui Reiner dimostra di muoversi perfettamente anche senza un filo di ironia. Anche con Codice d’onore (1992) affrontò un diverso genere puramente in forma seria, un rigoroso thriller giudiziario militare che entrò anch'esso nell’immaginario collettivo, completando una panoramica di sei differenti generi cinematografici totalmente differenti affrontati nel suo lungo "stato di grazia".
Un'idea di cinema popolare e raffinatissimo al tempo stesso, in grado di toccare tutte le corde della sensibilità umana con l'uso magistrale dei mezzi della "fabbrica dei sogni". Forse proprio per questo ha suscitato particolare indignazione il post sprezzante di un Donald Trump sempre più senile e ripiegato nel suo pericoloso bunker ideologico di estrema destra (una amara ironia viene dal fatto che Michelle è l'autrice della foto di Trump in copertina di The Art of the Deal, l'avvio della sua scalata al potere). Il vile attacco trumpiano deriva probabilmente dal fatto che è quell'America progressista intelligente, colta, "affilata" quando serve che Trump teme di più, quella che può mettere meglio in ridicolo (e in crisi) lo stile da pagliaccio feroce con cui spadroneggia alla Casa Bianca, molto piu' che gli alfieri di un politicamente corretto estremo lontanissimi dalla middle class. Per fortuna dei Maga, in politica un correlativo oggettivo non è nemmeno all'orizzonte.
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