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13 Giugno 2017 - 10:21
Tra uno scrutinio e l’altro della nostra città, tra l’11 e il 25 giugno, può essere l’occasione di rileggere un grande classico moderno: “La giornata di uno scrutatore” di Italo Calvino. Il grande scrittore compose questo romanzo breve nel 1963, concludendo un ciclo sulla modernità portata dal boom economico iniziato con “La speculazione edilizia” (1957). Una trilogia (con “Una nuvola di smog”, 1958) che va in parallelo a quella fantastica, molto più nota, dedicata al “Ciclo degli antenati”, dal Visconte dimezzato al Barone rampante. Calvino ambienta quest’opera nel “seggio speciale” del Cottolengo di Torino, accusato all’epoca dal partito comunista di essere un “votificio” per la Democrazia Cristiana, ovviamente più vicina agli ordini religiosi. Ciò che non è molto noto che tutto nasce da una reale esperienza di Calvino: “candidato riempilista” del PCI nel 1953 (le combattutissime elezioni della cosiddetta "legge truffa"), coordinava anche i rappresentanti di lista e assiste al Cottolengo a molte contestazioni. Coscienziosamente, deciso di scriverne, si reca di persona come scrutatore a una elezione successiva, nel 1961, e da questo deriva l’esperienza per il breve romanzo. Nell’onestà intellettuale di Calvino, grande neo-realista oltre che autore di un fantastico lunare e personalissimo, sta anche il fatto di scrivere un’opera diversa da quella immaginata: non un’opera strettamente politica, ma una più complessa riflessione sull’uomo e sul senso dell’esistenza e del dolore. Ultima curiosità: nel nome del protagonista c’è qualcosa di “monregalese” in senso più o meno lato, dato che si chiama Amerigo Ormea (col suo nome inizia il romanzo). Nome ossimorico, forse, che vuole mettere insieme globale e locale, culto dell’America lontana e vicinissime origini contadine, cui può rimandare la citazione del piccolo comune non lontano da noi. Oppure, volendo, un rimando al Marchese d’Ormea, d’origine monregalese e importantissimo ministro sabaudo nella difficile transizione alla monarchia assoluta. Amerigo dovrebbe guidare un’altra transizione, ma è un comunista ormai disilluso, come lo stesso Calvino che lascerà il PCI nel 1956, dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria. Chissà che un giorno un Calvino moderno non scriva la giornata di uno scrutatore in una elezione comune: in quel caso, forse, l’esperienza monregalese, riconosciuto “laboratorio politico” di dinamiche particolari, potrebbe essergli di grande ispirazione.
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