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San Donato riapre le porte. La cattedra e il nuovo altare fulcri della Chiesa monregalese

Conclusi i lavori di adeguamento liturgico. La Cattedrale di Mondovì riscopre la centralità della “cattedra” e il valore dell’altare come cuore della celebrazione le riflessioni di don Andrea Rosso. Domenica 19 ottobre la riapertura

Duomo Cattedrale Mondovì

La Cattedrale di San Donato

Un’occasione importante per la Chiesa monregalese, domenica 19 ottobre (ore 15,30) in Cattedrale a Mondovì Piazza per la riapertura della chiesa, dopo i lavori di adeguamento liturgico del presbiterio: all’interno della celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Egidio Miragoli ci saranno momenti significativi, in particolare la consacrazione dell’altare e la benedizione della nuova cattedra episcopale e dell’ambone. Dalle parrocchie e dalle Associazioni, almeno con una rappresentanza si è invitati a partecipare, come ha sottolineato il vescovo.

Il segno della Cattedrale oggi, richiamo visibile dell’Invisibile

di don ANDREA ROSSO
amministratore parrocchiale della Cattedrale
Al cuore di ogni città europea di qualche importanza, vi è una Cattedrale, segno della presenza – in un arco di secoli più o meno lungo – di una comunità cristiana operosa. Tipicamente grande, questa struttura s’impone sulla coscienza del credente attento come del passante più distratto, costituendosi un tratto significativo della fisionomia del luogo. Depositaria d’innumerevoli personaggi o fatti storici del passato, invita a cogliere l’identità degli abitanti del posto, e a collegarla allo slancio creativo ingenerato dalla fede; la bellezza dell’edificio e dell’arte che l’arricchisce infatti fornisce una chiave di lettura della vita interiore di coloro che l’hanno voluta, costruita e mantenuta.
Il primo di questi valori è religioso: quello di un rapporto privilegiato con Dio. Le Cattedrali sono emblematiche di questo rapporto: sono Chiese ossia case di preghiera per un popolo che si crede convocato da Dio. Sono richiami visibili dell’invisibile, richiamo per gli uomini di oggi ad alzare lo sguardo verso una dimensione altra, verso l’Altro.
Anche la nostra Città di Mondovì ha sulla visibile sommità la sua Cattedrale, il punto più alto della Città è infatti la croce che svetta ben oltre la Torre del Belvedere, punto focale di convergenza degli sguardi dai vari rioni cittadini.

UNA CHIESA È LUOGO VIVO PER UOMINI VIVI
Nella sua storia travagliata, fatta di costruzioni e demolizioni, di ampliamenti e adeguamenti, la vita della cattedrale di San Donato testimonia la vita di fede della comunità monregalese chiamata anche oggi a custodire e adeguare i luoghi del suo celebrare. La riforma liturgica, le cui basi sono state poste dalla “Sacrosanctum Concilium” del Vaticano II, si rivela come impegnativo cammino di rinnovamento della mentalità e della prassi celebrativa del mistero di Cristo. Coerente a questa prospettiva, la Chiesa ha sempre prestato speciale attenzione alle opere d’arte e di architettura che sono state create a servizio dell’azione liturgica delle diverse comunità e si sente impegnata anche oggi a “conservare e tramandare con cura il patrimonio artistico e le testimonianze di fede del passato” (Commissione episcopale per la liturgia della CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia 13, Bologna 1986, 882). Nel rispetto della propria tradizione, che vede negli edifici di culto i luoghi privilegiati per l’incontro sacramentale con Dio, la Chiesa intende evitare “sia di dissipare i tesori sia di acconsentire a relegarli al rango di oggetti da museo: una Chiesa è un luogo vivo per uomini vivi” (Ibidem, 108.).

IL SEGNO DELLE CATTEDRALI AL CENTRO DELLA CITTÀ
Al centro della città e idealmente al cuore della società, le Cattedrali di cosa oggi sono segno? Sono reliquie preziose di un tempo tanto glorioso quanto passato? Come conciliare la loro centralità spaziale con la marginalizzazione del messaggio cristiano? Come coniugare le loro monumentali dimensioni con l’erosione delle comunità cristiane che le abitano? Di fronte a queste domande non può venir meno la piena convinzione che la visibilità della nostra cattedrale è ancora portatrice di un messaggio per la società e l’uomo di oggi. La sua presenza al centro della Città, anche se questa spazialità è andata quasi declinando nel nostro caso specifico e su questo tema occorrerebbe una riflessione a parte, è ancora memoria della prossimità della comunità cristiana alla comunità umana.

LA PRESENZA E LA VISIBILITÀ
Due elementi sono in grado di interpretare il senso di una riflessione della cattedrale nella città secolare: la presenza e la visibilità. Esserci, se crediamo all’efficacia e all’eloquenza dei luoghi, degli spazi, allora la sua presenza è appello a ricordare che quando l’umanità perde la dimensione spirituale smarrisce una parte non accessoria ma essenziale e centrale di se stessa. Perché la stessa convivenza sociale, il tessuto delle relazioni quotidiane, la costruzione dei valori condivisi e la ricerca del bene comune necessitano della componente spirituale. Se alla centralità della cattedrale non corrisponde più una centralità della fede nel reale delle vite, la Chiesa resta al centro come monito di ciò che non può venir meno al messaggio cristiano e alla sua testimonianza, ovvero la pregnanza del suo senso, la vivacità del suo esser sale e luce posta sul candelabro. La centralità perduta come memoria della sapidità necessaria, pena la vera irrilevanza.
Ecco un bel compito per l’oggi: quello della presenza, che non è occupare il posto centrale ma rispondere alla vocazione di stare al centro della vita umana, là dove ogni vita pulsa.
La visibilità è di ogni chiesa, lo è in modo peculiare della cattedrale. La nostra modernità non ha attenuato l’importanza dei luoghi religiosi ma, al contrario, di essi c’è bisogno nella società dell’incertezza e dell’insicurezza, che per molti aspetti si ritiene secolarizzata ma che non appare in grado di costruirsi autonomamente i suoi significati civili e sacralizzanti. Un edificio come la cattedrale può divenire luogo riconosciuto come simbolo di una storia condivisa e in cui si può dialogare in uno spazio condiviso. Una tensione tra “obbligo di apparire e tentazione di scomparire” per dirla con le parole dell’antropologo J. Y. Hameline.

LE CHIESE DA RINNOVARE
Perché rinnovare le Chiese? Questa domanda va affrontata: in sintesi possiamo dire che oggi le Chiese, nella loro configurazione fisica, sono chiamate a manifestare la Chiesa così come il Vaticano II l’ha delineata. La Chiesa è viva e vive in un tempo e uno spazio, celebra il mistero immutabile nella mutabilità dei tempi e delle culture e lo spazio è a servizio di tale vita e quindi muta. Occorre adeguare le Chiese per consentire alla Chiesa di riunirsi attorno all’altare ed all’ambone per pregare e celebrare come comunità, gerarchicamente strutturate (ecco la cattedra), esattamente come vuole la riforma liturgica.
La Cattedrale essendo centro spirituale e liturgico della diocesi ha una vocazione di esemplarità e unicità. La Chiesa locale si manifesta e al tempo stesso si realizza sacramentalmente attorno al suo vescovo, all’unico altare, alla comune mensa della Parola. Tale realtà visibilmente incontrabile nella celebrazione eucaristica del vescovo con il suo presbiterio e il suo popolo attorno all’altare, continua a parlare anche al di fuori della celebrazione. La cattedra episcopale resta, anche vuota continua a parlare e testimoniare l’apostolicità della Chiesa, è segno permanente.

I LAVORI DI ADEGUAMENTO LITURGICO OPERATI
I lavori di adeguamento liturgico sono parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio ed è in vista di una sempre maggior consapevolezza dell’importanza del celebrare come popolo di battezzati, nella pluralità dei ministeri, l’unico mistero pasquale nel quale Cristo continua a formare e inviare la sua comunità. Una determinata ecclesiologia dà luogo a una determinata forma di celebrazione liturgica e plasma un determinato spazio liturgico. Su questo tema credo si debba ritornare, con un’adeguata catechesi, a riflettere nelle nostre comunità.
Cogliamo allora l’opportunità della nuova riapertura della Cattedrale di San Donato per approfondire il tema della Chiesa locale e della bellezza di essere pietre vive, infatti: “Stringendovi a Lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (2 Pietro 2,4-5).
Vivremo il prossimo 19 ottobre la celebrazione di dedicazione del nuovo altare, liturgia ricca di gesti e parole eloquenti. Insieme, in quel luogo capaci di essere all’altezza della sua vocazione e cioè: “Ecce tabernaculum Dei cum hominibus” come recita il cartiglio all’ingresso della zona del presbiterio posto nell’alto della navata centrale del Duomo. L’impegno e lo sforzo infuso per custodire e consegnare alle nuove generazioni il patrimonio di fede e di bellezza ricevuto, possano essere apprezzati e vissuti come il nostro giusto impegno perché, come affermava in modo evocativo Pascal Mercier, “non vorrei vivere in un mondo senza cattedrali. Ho bisogno della loro bellezza e della loro sublimità. Ne ho bisogno di contro alla piattezza del mondo. Voglio levare lo sguardo verso le luminose vetrate e lasciarmi abbagliare dai loro colori soprannaturali. Ho bisogno del loro splendore!”.

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