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Dopo Mamoud Diane, un altro omicidio nelle strade di Torino

Il 19enne di Torre Mondovì venne ucciso in Barriera di Milano. Oltre due mesi dopo, è stata autorizzata l'autopsia

Dopo Mamoud Diane, un altro omicidio nella strade di Torino

Mamoud Diane, ucciso a soli 19 anni lo scorso 2 maggio

Dopo quello di Mamoud Diane, il ragazzo di Torre Mondovì accoltellato a morte a Torino, un altro omicidio insanguina le strade del capoluogo piemontese. È caccia all'uomo per rintracciare il responsabile del delitto avvenuto ieri sera in corso Giulio Cesare, dove un trentenne di origine nigeriana è stato colpito da almeno quattro coltellate all'addome e al torace.

 

L'episodio di violenza è avvenuto poco dopo le 21 lungo il Dora Savona, ed è proseguito poi sul controviale di corso Giulio Cesare, nei pressi del civico 14. Quest'area, al confine tra i quartieri Aurora e Barriera di Milano, è tristemente nota per le attività di spaccio. La Squadra Mobile, diretta da Davide Corazzini, è impegnata nella ricostruzione degli eventi: sembrerebbe che una disputa sia scaturita nei pressi di un chiosco di kebab, degenerando in una scaramuccia a suon di spintoni e pugni, fino all'apparire di una lama. La vittima è stata colpita ripetutamente e si è accasciata al suolo.

 

Una dinamica simile a quanto era accaduto a maggio con l'omicidio del 19enne Diane. E non è l'unico omicidio in zona. Poco distante, sempre in corso Giulio Cesare, al civico 25, il ventenne marocchino Hamza Moufiki fu ucciso a coltellate: il suo assassino, un ragazzo di 17 anni, venne arrestato dopo una breve fuga. Per il delitto di Mamadou Diane invece non c'è ancora nessun colpevole.

 

Mamoud Diane, regolamento di conti ancora senza un colpevole

 

L'assassino è riuscito a confondersi nella folla, dileguandosi senza lasciare tracce. Mamoud è stato ucciso con un'arma da taglio al termine di una violenta rissa, nella notte tra il 2 e il 3 maggio. Negli ultimi mesi, gli inquirenti hanno ascoltato tanti testimoni. Non tutti si sono mostrati disponibili a collaborare. Gli agenti hanno esaminato e riconsiderato ripetutamente le immagini dell'aggressione, immortalate dalle telecamere di sicurezza. Grazie a questo lavoro minuzioso, sono state identificate almeno dieci persone sospettate di aver partecipato all'aggressione. Restano da capire però le esatte responsabilità.

 

C'è poi un altro aspetto, segnalato a più riprese dal papà 47enne che lavora come saldatore a Niella Tanaro: i tempi di indagini e il nullaosta per la sepoltura. A dargli la terribile notizia della morte era stato l'altro figlio, il fratello di Mamoud. Da allora, il padre ha chiesto continue spiegazioni sul movente e non si dà pace anche per non aver ancora potuto seppellire il figlio. L'autopsia, autorizzata la settimana scorsa, è stata effettuata martedì.

 

Chi era Mamoud Diane?

 

Dalla Costa d'Avorio Diane era arrivato in Italia per un futuro migliore. Aveva lasciato il suo paese tre anni fa, atterrando all'aeroporto di Levaldigi per raggiungere alcuni familiari. In patria, fin da giovanissimo, aveva lavorato in un'officina meccanica. Il papà vive a Torre Mondovì, in frazione Roatta, non distante dall’azienda dove è dipendente a Niella Tanaro. Aveva chiesto il ricongiungimento familiare per Mamoud e il fratello. Mamoud all'inizio abitava a Chiusa Pesio e Peveragno. Qui aveva lavorato per una cooperativa agricola.

 

«Lo conoscevo bene», ricorda Giulia Marro, consigliera regionale di Cuneo. «Si era rivolto a me, come fanno tanti stranieri, in corso Giolitti a Cuneo per chiedermi come potesse migliorare l’italiano. Abbiamo parlato in francese, la sua lingua madre. Era in Italia da circa un anno e mi aveva anche esplicitamente chiesto di aiutarlo a trovare un lavoro e qualsiasi attività che potesse permettergli di incontrare altre persone. Mi aveva mandato un curriculum e avevamo provato a fare il possibile. Era un ragazzo che desiderava soprattutto socializzare, conoscere le persone e capire meglio il contesto in cui era arrivato».

 

«Poi l’ho perso di vista per un po’ di tempo. Non so cosa sia successo nella sua vita, che tipo di amicizie avesse trovato. Non so com’è andata. Voglio solo ricordare Mamoud Diane, perché a Cuneo lo conoscevano. Bisogna capire cosa non sta funzionando, per proporre soluzioni di aiuto non solo per i giovani, ma anche per le famiglie che si preoccupano per loro. Non può tutto dipendere dalla buona volontà del singolo. Serve l’impegno di tutti, per costruire una società più unita e più coesa».

 

 

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