Cerca

ultima ora

ultime notizie

OGGI

Fuga dal lavoro: 3 milioni di addetti andranno in pensione entro il 2029 

Un Paese sempre più vecchio e operai specializzati introvabili. I numeri di Piemonte e Cuneese

Fuga dal lavoro: 3 milioni di addetti andranno in pensione entro il 2029 

In Piemonte previste 252 mila uscite

Tra il 2025 e il 2029 poco più di 3 milioni di lavoratori italiani (pari al 12,5 per cento circa del totale nazionale) lasceranno definitivamente gli uffici e le fabbriche per andare in pensione. Di questi 3 milioni, 1.608.300 sono attualmente dipendenti del settore privato (pari al 52,8%), 768.200 lavorano nell’Amministrazione pubblica (25,2%) e 665.500 sono lavoratori autonomi (21,9%).

Insomma, nel giro di qualche anno assisteremo a una vera e propria fuga da scrivanie e catene di montaggio. Un esodo mai visto fino a ora, con conseguenze sociali, economiche e occupazionali di portata storica per il nostro Paese. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha estrapolato i dati emersi dalla periodica elaborazione realizzata dal Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Le uscite più numerose in Lombardia, Lazio e Veneto

In valore assoluto, le regioni più coinvolte dalla domanda di sostituzione saranno quelle dove la popolazione lavorativa è più numerosa e con età media tendenzialmente più elevata. Al primo posto la Lombardia, chiamata a rimpiazzare 567.700 lavoratori. Seguono il Lazio con 305.000 e il Veneto con 291.200, mentre il Piemonte arriva a 252.000.

La Città metropolitana di Torino sarà la più coinvolta con 122.500 uscite, davanti alla Provincia di Cuneo che conterà 33.700 uscite, mettendo in difficoltà soprattutto agricoltura, manifatturiero e turismo. In coda alla graduatoria l’Umbria con 44.800, la Basilicata con 25.700 e, infine, il Molise con 13.800 unità.

Sette rimpiazzi su 10 interesseranno i servizi

A livello nazionale oltre 7 sostituzioni su 10 interesseranno il settore dei servizi, con uscite particolarmente importanti nel commercio (379.600 unità), nella sanità pubblica/privata (360.800) e nella Pubblica Amministrazione (331.700). Nell’industria spicca il numero di rimpiazzi nel comparto delle costruzioni (179.300).

Un Paese sempre più vecchio

In stretta relazione alle uscite dal lavoro per raggiunti limiti di età c’è il progressivo invecchiamento dei dipendenti. Se nel 2021 l’indice di anzianità era del 61,2, nel 2022 è aumentato al 62,7 per attestarsi nel 2023 al 65,2 (+4 punti in soli due anni). Questo vuol dire che, in Italia, ogni 100 dipendenti sotto i 35 anni ce ne sono 65 che hanno oltre 55 anni. Tra qualche anno, quando milioni di lavoratori con elevata esperienza e professionalità dovranno essere sostituiti, gli imprenditori, non trovandoli sul mercato, dovranno contendersi i migliori dipendenti dei concorrenti.

Gli operai specializzati sono introvabili

Nessun’altra professione richiesta dalle aziende ha evidenziato livelli di difficoltà e tempi di ricerca superiori a quelli riscontrati per gli operai specializzati: in quattro casi su dieci l’insuccesso è stato determinato dall’assenza di candidati presentatisi al colloquio. Per molte realtà produttive, soprattutto piccole e piccolissime, individuare figure quali carpentieri, gruisti, fresatori, saldatori e operatori CNC rappresenta una sfida estremamente complessa.

La denatalità e l’invecchiamento della popolazione hanno ridotto la disponibilità di forza lavoro, ma molti candidati non possiedono le competenze tecniche e professionali richieste, in particolare nel manifatturiero, evidenziando il persistente divario tra scuola e sistema produttivo. Inoltre, rispetto al periodo pre-Covid, i giovani cercano più flessibilità, autonomia e tempo libero, e mostrano minore propensione ad accettare orari prolungati (soprattutto nel weekend) o condizioni fisicamente gravose.

Il Nordest è la ripartizione dove nel 2024 è stato più difficile reperire questi lavoratori. La situazione più critica è in Trentino Alto Adige con una difficoltà di reperimento del 56,5%. In Piemonte l’indice arriva al 51%, mentre nella Provincia di Cuneo al 55,9%, dato che colloca la “Granda” al quinto posto in Italia dietro soltanto a Pordenone, Bolzano, Trento e Gorizia.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

x