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Diario semiserio di una normale partita speciale

Ce lo insegnano tanti ricordi di infanzia: le cose più attese, a conti fatti, si rivelano quelle più modeste e deludenti

Cronaca semiseria di una normale partita speciale

I tifosi dell'Alessandria, organizzatissimi e giunti in gran numero al "Gasco" di Mondovì

Ammettiamolo: quei post su Instagram della Monregale, con la piantina dello stadio e l’invito agli spettatori ad accedere per tempo all’impianto, il divieto di vendita di bevande in vetro e lattina imposto dalle autorità come succede nei grandi eventi, l’accento puntato sulla “storicità” della partita, oltre che sul blasone e sulle impolverate glorie dell’Alessandria, un po’ d’ansia hanno finito per crearla anche a noi, che dopo decenni di domeniche consacrate al calcio dilettantistico la pellaccia dovremmo pure essercela fatta.

E così ci presentiamo al “Gasco” con un anticipo mostruoso, tipo Fantozzi sorteggiato per accompagnare il Duca Conte ing. Semenzara al Casinò. Fuori, c’è un pullman ordinario e piuttosto datato: non è lì che la società del presidente Barani ha destinato il suo budget milionario. Dentro, ancora nessuno; per cui, perlomeno, è salvo il nostro consueto posticino in tribuna stampa – un’asse di legno utile ad appoggiare il taccuino ed il computer –, non ancora usurpato da chissà quanti illustri colleghi forestieri in arrivo per l’appuntamento.

Alla spicciolata la gradinata si riempie, dalla parte monregalese e nel “settore ospiti” all’uopo improvvisato con un nastro segnaletico tirato in obliquo. Di gente ce n’è parecchia, nell’ordine delle svariate centinaia, roba neppure lontanamente immaginabile nemmeno troppi anni fa, quando ad assistere alle gesta dei locali pedatori c'erano abitualmente quattro gatti incalliti, fra cui noi. Onore alla Monregale che ha allestito tutto alla perfezione, con un’area esterna destinata alla ristorazione ed ai beveraggi, uomini d’ordine attenti ed efficienti e quant’altro occorre perché tutto fili liscio.

Quelli dell’Alessandria hanno un tifo organizzato da categorie (notevolmente) superiori, incuranti del fatto che sono precipitati nel piccolo football di provincia, dove i cori, i bandieroni, i tamburi e i torsi nudi appaiono vagamente grotteschi. E non mollano un secondo, riducendo a timido sussurro qualsivoglia manifestazione di incitamento casalingo e finendo per creare un contorno che se non è ostile a chi dovrebbe essere di casa, poco ci manca.

Poi, la partita. Ecco: come ci insegnano tanti ricordi di infanzia, spesso le cose più attese si rivelano, a conti fatti, quelle più scialbe, più modeste, più deludenti. Tant’è che i 90’ scorrono per lo più normali, noiosi, mai elettrizzanti. I “grigi” sono una corazzata lussuosa, ma per la categoria, beninteso; non vengono dalla luna e non incantano nessuno; vincono meritatamente, e nulla di più.

E infatti alla fine esultano come dei pazzi, compresi il vecchio lupo di mare e di calcio mister Alberto Merlo e il cineoperatore a fianco a noi, ciò che non accadrebbe se il successo fosse scontato, di routine. La menano a lungo, a lunghissimo, come se avessero già vinto il campionato. Cosa che probabilmente sarà, fra qualche mese. Certo, ora pare un po’ presto.

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